Si sono costituiti i ragazzi che la sera del 26 dicembre hanno accerchiato Bruno Petrone mentre si trovava in sella al suo scooter in via Bisignano, una delle stradine della zona della movida di Napoli. Secondo quanto emerso finora, si tratterebbe di cinque minorenni.
"Sono stato io ad accoltellarlo", avrebbe già ammesso uno di loro. Il 18enne, originario di Minturno, nel basso Lazio, domiciliato in Campania da un paio d'anni, resta intanto ricoverato in gravi condizioni all'ospedale San Paolo di Fuorigrotta.
I fatti risalgono a venerdì sera. Bruno stava chiacchierando con un suo amico quando i cinque, giovanissimi, sono arrivati a bordo di due scooter e lo hanno accerchiato. Uno di loro ha poi estratto un coltello, colpendolo - a volto scoperto - all'addome, al torace e al fianco sinistro.
Il 18enne è caduto a terra, sanguinante. Quando i sanitari del 118 sono arrivati sul posto, allertati dai presenti, lo hanno trasportato d'urgenza all'ospedale San Paolo di Fuorigrotta, dove i medici lo hanno operato, asportandogli la milza.
ha raccontato al Corriere della Sera la madre dopo essere andata a trovarlo, spiegando di non riuscire a capire "cosa possa essere accaduto".
Grazie ai filmati delle videocamere di sorveglianza installate nell'area in cui è avvenuto l'accoltellamento, i carabinieri sono riusciti rapidamente a identificare i responsabili.
Il primo a costituirsi è stato un 15enne, seguito poco dopo da un 17enne e altri minori. Si tratterebbe di tutti ragazzi residenti nel quartiere Arenaccia, dove la vittima vive con la famiglia.
Uno di loro avrebbe già ammesso di essere stato colui che ha colpito il 18enne, senza tuttavia spiegare le ragioni del suo gesto.
Non si esclude che sia stata un'azione mirata, legata a una lite o ad altri precedenti banali, né si escludono possibili "scambi di persona". Chi indaga sta cercando, per questo, di ricostruire eventuali contatti tra gli aggressori e la vittima.
Nel frattempo, compagni di squadra, amici e tifosi glu hanno dedicato messaggi di solidarietà, auspicando che possa riprendersi presto. "Siamo venuti a Napoli per seguirlo, perché è stato ingaggiato da una squadra di calcio", ha raccontato sempre la madre al Corriere.
"Ora penso che forse abbiamo sbagliato tutto. Ci sono troppe armi, troppa violenza: episodi del genere sono troppo frequenti", ha aggiunto, amareggiata. Suo figlio si salverà, nonostante le gravi condizioni. Ma in quell'agguato avrebbe potuto, come successo a molti altri giovani, perdere la vita.