26 Dec, 2025 - 11:30

"Primavera": Damiano Michieletto debutta al cinema con una pellicola di pregio

"Primavera": Damiano Michieletto debutta al cinema con una pellicola di pregio

Molti anni fa, quando al calar della sera le strade si svuotavano della gente perbene e nella penombra della luce fioca dei lampioni a olio si aggiravano soltanto cortigiane e malviventi, c’è stato un tempo in cui alle donne non era concesso di decidere per sé. A partire da Adamo ed Eva, l’uomo ha da sempre provato una certa soddisfazione nell’attribuire alla figura femminile la responsabilità e la colpa di ogni disprezzabile gesto commesso da lui stesso. A cominciare dalle amate e contemporaneamente temute curve sinuose del corpo femmineo, sovente utilizzate come scusa per giustificare atti di indicibile violenza di natura lasciva.

Ebbene, nel 1700, fra i meravigliosi vicoli di una Venezia incantevole, sorgevano quattro grandi orfanotrofi, ove le bambine abbandonate o concepite durante atti carnali di licenziosa lussuria venivano accolte come fossero bestiame da fattoria. Sì, perché quell’accoglienza era piuttosto una forma d’acquisto: in cambio di vitto e alloggio, le fanciulle sarebbero state costrette a praticare lavori domestici e a studiare uno strumento musicale per partecipare a spettacoli pubblici e privati, ricevendo compensi economici da destinare alle strutture ospitanti. Proprio come degli animali da circo. Quel che è peggio è che non era consentito loro nemmeno di suonare a viso scoperto o di raggiungere una possibile fama; anche le più talentuose dovevano rimanere anonime, esibendosi al di là di una grata che le tenesse nascoste. Non vi erano altre occasioni per loro di poter varcare le porte dell’orfanotrofio e di esplorare il mondo esterno. L’unica maniera di lasciare quelle mura opprimenti era di sposarsi, ma anche lì il marito veniva scelto dai preti che gestivano l’Istituto, di fatto vendendo al pretendente la favorita, che doveva essere rigorosamente vergine, per una lauta donazione. Le ragazze non potevano studiare, non potevano uscire, in buona sostanza non potevano vivere un’esistenza degna di essere chiamata tale. Condannate a un’eterna infelicità, molte di esse morivano in quello stato di prigionia senza aver mai assaporato davvero la vita.

Nel 2008 lo scrittore veneto Tiziano Scarpa ha pubblicato il suo terzo romanzo Stabat Mater, che nel 2009 è stato poi vincitore del Premio Strega, ambientato giusto in quel terribile contesto storico.
La trama vede al centro della storia Cecilia, un’orfana cresciuta durante il Settecento presso l’Ospedale della Pietà, uno dei quattro orfanotrofi veneziani dell’epoca. Sin da piccolissima desiderosa di ricongiungersi al grembo materno, Cecilia è una ragazza afflitta da una forte sofferenza dell’anima. Il pensiero dell’abbandono subito è per lei cosa insopportabile, facendole provare costantemente un insoddisfatto desiderio di affetto. Ha però uno spiccato talento per il violino, che suona con notevole maestria. L’arrivo del musicista e compositore Antonio Vivaldi, come maestro presso l’istituto, porterà i due a stringere un istintivo legame platonico, che si svilupperà sulle corde di quello strumento che Cecilia è in grado di governare con passione.

Nelle avvincenti pagine firmate da Scarpa, è la giovane protagonista a raccontarci il suo corposo vissuto fatto di tormento e disperazione taciuta. Nel romanzo, narrato in prima persona, le considerazioni, i dilemmi interiori, ma anche i ricordi di Cecilia vengono esposti con degli intensi monologhi, generando fra lei e il lettore un’intimità emotiva. Damiano Michieletto, anch’egli di origine veneziana, finora conosciuto a livello internazionale come stimato regista teatrale di opere liriche, ha scelto questo soggetto per il suo lungometraggio d’esordio. Intitolato Primavera, la sceneggiatura è stata scritta da Ludovica Rampoldi con la collaborazione dello stesso Michieletto. La parte principale è stata interpretata dall’attrice italiana Tecla Insolia, mentre il ruolo di Vivaldi è toccato a Michele Riondino. Nel cast figurano inoltre Andrea Pennacchi, Fabrizia Sacchi, Stefano Accorsi e Valentina Bellè.

La pellicola, amara e malinconica, racconta di un personaggio femminile all’apparenza fragile e obbediente, ma in verità dall’indole ribelle e desiderosa d’indipendenza. Il linguaggio scelto però dal regista differisce da quello del libro: non sono presenti monologhi o lunghi dialoghi fra i protagonisti, piuttosto sono le immagini e la musica a comunicare lo sviluppo narrativo e gli stati emotivi provati da Cecilia. La fotografia di Daria D’Antonio ha prediletto l’uso marcato di chiaroscuri, di luce naturale e di colori tra il grigio, il verde bottiglia e il marrone, per richiamare le pitture barocche del Settecento.

 Seconda opera cinematografica, dopo Gloria! di Margherita Vicario, a raccontare la brutale realtà degli orfanotrofi musicali di Venezia tra il Settecento e l’Ottocento e le condizioni di vita delle donne senza diritti, costrette a vivere in quegli istituti come musiciste schiavizzate. Ottima anche qui la prova attoriale di Tecla Insolia, come in tutti i ruoli che interpreta. Esordio di pregio al cinema per Michieletto, che ha potuto fare affidamento sulla sua lunga esperienza in teatro. Per Primavera: 3,9 stelle su 5.

 

LEGGI ANCHE