Le Forze dell’Ordine sono l’istituzione in cui gli italiani ripongono la maggiore fiducia. I partiti politici, al contrario, sono quelli di cui gli italiani si fidano di meno.
La fotografia arriva dal XXVIII rapporto su “Gli italiani e lo Stato” di La Polis, il Laboratorio di studi politici e sociali dell’Università di Urbino “Carlo Bo”, in collaborazione con Demos e Avviso Pubblico.
In un mondo che cambia, i dati del rapporto confermano alcuni orientamenti consolidati dei cittadini nei confronti dello Stato, ma segnalano anche cambiamenti che meritano di essere osservati con attenzione.
Il 58% degli italiani ritiene che, negli ultimi anni, la democrazia in Italia si sia indebolita o molto indebolita. Per il 22% un regime fascista come quello di Benito Mussolini sarebbe, per un breve periodo, una buona soluzione; per l’8% rappresenterebbe addirittura la soluzione migliore possibile.
In base all’analisi del XXVIII rapporto su “Gli italiani e lo Stato”, le Forze dell’Ordine si confermano come l’istituzione che gode della maggiore fiducia da parte degli italiani (68%), con un aumento di tre punti rispetto all’anno scorso. Al secondo posto si conferma il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (60%), seppur con un calo di un punto rispetto al 2024. Seguono la scuola (48%), il Papa Leone XIV (48%) — la fiducia per Francesco, l’anno scorso, era al 58% — e la Chiesa (39%). Pari merito per magistratura e Comuni (37%), seguiti dalle Ong al 33%.
Lo Stato, complessivamente, si ferma al 30%, mentre Unione europea e Regioni si attestano al 29%. Chiudono la classifica, con risultati sconfortanti, il Parlamento (19%) e i partiti (11%), che pure guadagnano due punti rispetto all’anno precedente.
Un dato che conferma l’allontanamento degli italiani dai luoghi - le Camere - e dalle istituzioni - i partiti - che più direttamente rappresentano l’espressione della volontà popolare democratica e che si riflette non solo sull'astensionismo crescente, ma anche nell’apertura mostrata da una parte della popolazione verso possibili involuzioni democratiche.
Secondo il 58% degli italiani, negli ultimi cinque anni la democrazia italiana si è indebolita o molto indebolita; per il 30% è rimasta com’era, mentre per il 10% si è rafforzata o molto rafforzata.
Lo stato di salute della democrazia si riflette anche nel giudizio sul fascismo, tema ricorrente nel dibattito pubblico. Un ritorno di un regime come quello di Benito Mussolini è, per la maggioranza degli italiani (68%), la soluzione peggiore possibile (46%) o una soluzione negativa (22%). Accanto a questo dato maggioritario, però, emerge un 22% che riterrebbe una svolta autoritaria una buona soluzione, seppur per un breve periodo. Per l’8%, una simile eventualità costituirebbe addirittura la soluzione migliore possibile.
Quali sono le caratteristiche di quel 22% che riterrebbe il ritorno a un regime di stampo fascista una buona soluzione, seppur per un breve periodo?
L’analisi del campione mostra innanzitutto una forte concentrazione nelle fasce d’età centrali: il 15% ha meno di 29 anni, il 36% ha tra i 30 e i 44 anni e il 34% tra i 45 e i 54 anni. Nel complesso, dunque, il 70% rientra nella fascia compresa tra i 30 e i 54 anni, mentre la simpatia per una svolta autoritaria tende a scemare tra i 55 e i 64 anni (17%) e tra gli over 65 (10%).
Sul piano dell’orientamento politico, tra chi considera un ritorno al fascismo una buona soluzione il 62% si dichiara politicamente schierato a destra e il 29% con il centrodestra.
Il rapporto degli italiani con le istituzioni e con la politica è poi certamente influenzato dal miglioramento o meno della propria condizione economica.
Tra coloro che si autoclassificano come ceti popolari o classe operaia, solo l’11% ritiene che la propria situazione sia migliorata negli ultimi due anni; il 40% giudica la condizione stabile e il 49% la considera peggiorata. Nel ceto medio, il 52% percepisce una sostanziale stabilità economica, a fronte di un peggioramento per il 31% e di un miglioramento nel 17% dei casi. Anche tra i ceti superiori — classi dirigenti o borghesia — la percezione prevalente è quella della stabilità, con un peggioramento avvertito nel 25% dei casi e un miglioramento nel 20%.
Analizzando approfonditamente i trend di fiducia delle quattro istituzioni chiave del sistema istituzionale - Stato, Unione europea, Regioni e Parlamento - emergono, negli ultimi sei anni, variazioni significative. Per tutte e quattro le istituzioni considerate, il picco di fiducia viene registrato nel biennio 2020-2022, segnato dalla pandemia di Covid-19 e da una relativa stabilità sul piano internazionale: l’invasione russa dell’Ucraina si sarebbe infatti verificata solo nel febbraio 2022.
A partire dal 2023, Stato, Unione europea e Regioni hanno visto diminuire il tasso di fiducia dei cittadini; anche il Parlamento ha registrato un calo, sebbene più contenuto e sostanzialmente stabile nel tempo.
Per lo Stato si è passati così dal 22% di fiducia del 2019 al 37% del 2021, fino alla discesa al 29% nel 2025. Per l’Unione europea il dato è cresciuto dal 34% del 2019 al 45% del 2022, per poi scendere al 30% nel 2025. Le Regioni hanno anch’esse toccato il picco nel biennio 2021-2022, al 42%, per poi ridiscendere al 30% nell’anno appena trascorso. La fiducia nel Parlamento, l’istituzione verso cui gli italiani mostrano tradizionalmente minore attaccamento, è passata dal picco del 2022 (23%) al 19% attuale.