Quando hai un cognome che pesa come un monumento del cinema, schivare l’etichetta di nepo-baby diventa quasi uno sport estremo.
Oona Chaplin lo sa bene. Nipote di Charlie Chaplin, figlia dell’attrice Geraldine Chaplin, l’attrice britannica si è ritrovata più volte al centro di critiche feroci sul nepotismo a Hollywood. Critiche che, negli ultimi mesi, si sono riaccese con forza dopo le sue apparizioni pubbliche e il ruolo in "Avatar: Fire and Ash".
Questa volta, però, Oona non ha schivato la questione: ha risposto, mettendo sul tavolo insicurezze, senso di colpa e una riflessione sorprendentemente onesta sul privilegio. Ecco cosa ha detto.
Oona Chaplin ha 39 anni ed è nata in una delle famiglie più iconiche della storia del cinema. Suo nonno è Charlie Chaplin, leggenda assoluta del cinema muto, morto nel 1977, nove anni prima della sua nascita.
Sua madre è Geraldine Chaplin, attrice simbolo del cinema europeo e hollywoodiano. Suo padre è Patricio Castilla, direttore della fotografia. Un pedigree che apre porte, inutile girarci intorno. Ed è proprio da qui che nascono le accuse di nepotismo.
Sui social e nei commenti online, il copione è spesso lo stesso: "Con quel cognome sarebbe arrivata ovunque", "Hollywood ama i figli e i nipoti di…", "Talento o corsia preferenziale?". Domande che fanno rumore soprattutto in un’industria sempre più attenta - almeno a parole - al tema del merito.
L'attrice non ha mai negato il privilegio. Anzi, lo ha messo al centro del discorso. Dopo il diploma alla Royal Academy of Dramatic Art (RADA), una delle scuole di recitazione più prestigiose al mondo, ha raccontato di aver valutato seriamente l’idea di cambiare cognome per evitare giudizi automatici.
In una recente intervista, Oona Chaplin ha parlato apertamente del senso di inadeguatezza che l’ha accompagnata per anni.
Parole che smontano l’immagine della nepo-baby inconsapevole e spavalda. Chaplin ha ammesso che, all’inizio della carriera, il cognome era più un peso che una scorciatoia emotiva. Il punto di svolta non è stato cambiare nome, ma cambiare mentalità.
Una dichiarazione che ha fatto discutere, dividendo il pubblico tra chi l’ha vista come una risposta elegante e chi come l’ennesima giustificazione di sistema. Ma Chaplin ha rilanciato, spostando il discorso su un piano quasi culturale:
Il caso Oona Chaplin si inserisce in un dibattito più ampio che negli ultimi anni ha travolto Hollywood: quello sulle nepo-baby, figli e nipoti d’arte accusati di partire con un vantaggio strutturale. Da Dakota Johnson a Lily-Rose Depp, il tema divide pubblico e addetti ai lavori.
Nel caso di Chaplin, le critiche si sono intensificate dopo la sua presenza alla premiere londinese di "Avatar: Fire and Ash", dove ha attirato l’attenzione anche per un look audace: abito nero di pizzo trasparente, hotpants e reggiseno in vista. Per alcuni, un’icona di stile; per altri, l’ennesima "raccomandata sotto i riflettori".
Eppure, il suo percorso parla anche di scelte non scontate: ruoli complessi in "Game of Thrones", "Taboo", cinema indipendente e ora l’ingresso nella saga di "Avatar".
James Cameron l’ha scelta per interpretare Varang, leader del Popolo della Cenere, dopo aver valutato più attrici. Il regista ha citato la sua "furia", la "sensualità" e la capacità di passare da una psicologia all’altra con fluidità.
Chaplin ha raccontato l’incontro con Cameron con ironia:
Oona Chaplin non ha mai chiesto di nascere Chaplin. Ma ha scelto come convivere con quell’eredità. Nelle sue interviste più recenti emerge una linea chiara: riconoscere il privilegio senza farsene definire, usare il cognome come responsabilità più che come scudo.
Il suo discorso arriva in un momento delicato per Hollywood, dove il pubblico chiede trasparenza e autenticità. E forse è proprio questa franchezza - più che il cognome - a rendere la sua risposta interessante. Non nega il sistema, non lo santifica, ma ci sta dentro con lucidità.
Nel frattempo, "Avatar: Fire and Ash" si prepara a espandere ulteriormente l’universo creato da James Cameron, con già in cantiere "Avatar 4" e "Avatar 5". E Oona Chaplin, nepo-baby per definizione, continua a camminare su quella linea sottile tra aspettative ereditarie e identità artistica personale.