Mario Biondi è una di quelle voci che, appena parte, ti fanno alzare un sopracciglio e dire: "Aspetta… ma è davvero italiano?". Profonda, vellutata, internazionale, da night club di New York più che da bar sotto casa.
E invece sì: Mario Biondi è italianissimo, anzi siciliano doc. Ma allora perché si chiama così? È il suo vero nome o dietro c’è un nome d’arte studiato a tavolino?
E che c’entra suo padre, figura chiave della sua vita e della sua carriera? Spoiler: la storia è molto più interessante (e familiare) di quanto sembri.
Partiamo dalla domanda che gli utenti digitano più spesso su Google: Mario Biondi è il suo vero nome? La risposta è: no.
Il cantante è nato come Mario Ranno, a Catania, il 28 gennaio 1971. "Biondi" non è quindi il cognome anagrafico, ma un nome d’arte che arriva direttamente dal suo albero genealogico. Non una scelta casuale o glamour, ma un legame profondo con la sua storia personale e musicale.
In molte interviste, Mario Biondi ha raccontato di aver scelto questo nome per rendere omaggio al padre, figura fondamentale non solo nella sua crescita, ma anche nella sua formazione artistica. E qui la faccenda si fa decisamente più interessante.
Il padre di Mario Biondi era Stefano Biondi, cantante molto noto negli anni Settanta, soprattutto nel panorama musicale italiano più melodico e televisivo. Anche lui, guarda caso, usava "Biondi" come nome d’arte, mentre il cognome reale della famiglia era Ranno.
Stefano Biondi aveva una carriera solida, partecipazioni televisive e un certo peso nel mondo dello spettacolo dell’epoca.
Crescere con un padre così significava respirare musica a pieni polmoni fin da bambino. Non a caso, Mario ha iniziato prestissimo a muoversi tra studi di registrazione, microfoni e musicisti.
Il rapporto tra Mario e il padre è stato spesso descritto come intenso e formativo, ma non privo di aspettative. Portare avanti quel cognome artistico non era solo un tributo affettuoso: era anche una responsabilità. Un’eredità da reinterpretare, senza restarne schiacciato.
A questo punto la domanda è inevitabile: perché non usare direttamente il cognome vero, Ranno?
La risposta sta tutta nella continuità artistica.
Mario Biondi ha più volte spiegato che scegliere "Biondi" significava riconnettersi a una storia musicale già esistente, ma dandole una svolta completamente nuova.
Se il padre rappresentava la canzone italiana classica, lui voleva spingersi altrove: soul, jazz, R&B, atmosfere internazionali.
C’è anche un dettaglio ironico che non passa inosservato: Mario Biondi non ha i capelli e il suo look assomiglia più a quello da crooner notturno. Il contrasto ha sempre fatto sorridere i fan e ha contribuito a rendere il nome ancora più memorabile.
Un cognome che suona elegante, semplice, facile da ricordare. Dal punto di vista del branding, una mossa azzeccatissima, anche se nata dal cuore più che dal marketing.
Usare il cognome del padre non ha significato vivere all’ombra di qualcuno. Anzi. Mario Biondi ha costruito una carriera lenta ma solidissima, lontana dai talent show e dai lanci prefabbricati.
Il successo è arrivato quasi per caso, quando il singolo "This Is What You Are" ha iniziato a girare all’estero, prima ancora che in Italia. Un paradosso perfetto: un artista italiano con un nome italianissimo che conquista DJ e radio internazionali cantando in inglese, con una voce che sembra uscita da Detroit.
In questo senso, il nome "Mario Biondi" ha funzionato come un ponte: familiare per il pubblico italiano, credibile per quello internazionale. Un equilibrio raro, che pochi artisti riescono a trovare.