Gli esperti in materia di costume sostengono che quella del Paninaro fu una moda che ebbe una precisa data di inizio e cioè il 20 agosto 1984, giorno dell’inaugurazione della prima paninoteca di Milano e, quindi, di tutta Italia.
Oggi, quindi, sono esattamente trent’anni che prese vita quell’intenso ma effimero movimento giovanile e sorge spontaneo chiedersi dove sia finita quella generazione di ragazzi che indossava rigorosamente Moncler e Timberland da boscaiolo e che si massacrava di lacca per tenere su i capelli a spazzola. Erano giovani cresciuti nel benessere ma anche nella vacuità dei valori della bellezza a tutti i costi. Erano i figli dei sessantottini, che ormai avevano smesso di protestare e che, invecchiando, si stavano impegnando a comprare auto di lusso e case su case. Erano soprattutto quelli che per primi videro nascere i fast-food e li nominarono luoghi ideali di ritrovo.

L’Italia, come per tutte le novità, non li capì subito. Fu , infatti, attorno alla metà del 1985 che i Paninari esplosero definitivamente finendo su tutti i giornali e dotandosi di un’omonima rivista. La televisione diede l’imprimatur finale: la loro parodia al Drive-in, ad opera di Enzo Braschi, divenne la consacrazione finale.
Il Paninaro-tipo era stereotipato nel vestirsi e nello scegliere come trascorrere il tempo libero, per lo più tra una Coca-cola ed un film di Stallone, ma si divideva fortemente quando si trattava di scegliere se stare con i Duran Duran o gli Spandau Ballet. Era l’unica vera scissione all’interno del movimento: i fan di Simon Le Bon erano romantici e sognatori mentre quelli di Tony Hadley per lo più di duri e concreti. In realtà entrambe le fazioni si ritrovavano poi a squagliarsi e a perdere la vista su Madonna, in piena ascesa, e su Samantha Fox. I Paninari non esistono più, persino Enzo Braschi se n’è accorto. Le ragioni dell’estinzione furono diverse. Innanzitutto sopraggiunse una chiara ragione di vecchiaia negli anni novanta. Molti Paninari finirono, infatti, all’Università e poi trovarono lavoro (beati loro), non avendo più tempo da trascorrere al fast-food. Nel 1988, poi, chiuse i battenti la trasmissione Drive-in e, senza più la cassa di risonanza della televisione, tutto scemò velocemente. Nel periodo tardo-Paninaro, sbucò, infine, la figura musicale di Jovanotti, che racchiuse la leggerezza di quegli anni nel piccolo capolavoro “Jovanotti for president”. Quando l’artista toscano partì per fare il militare ed optò per cambiare strada verso una crescita artistica, però, Cecchetto e i Paninari ci restarono di stucco. Il primo si riprese soldi e fama con gli 883 mentre tutti gli altri non si ripresero più.
In sintesi i Paninari ebbero dieci anni di gloria e poi il silenzio ma, nella testa di molti ultratrentenni , oggi è ancora un compleanno importante. Perché i troppi hamburger avranno pure fatto male al fegato ai ragazzi ma nessuno è mai morto di overdose da ketchup. 

DIZIONARIO PANINARO

Chinghiali o cinghios: i tamarri di ogni tempo
Cinesi: studenti di sinistra
Galli: i ragazzi
Grippare: dall’inglese grip, ghermire, afferrare qualcosa o qualcuno
Gurrado Clizia: sedicenne milanese che scrisse un libro, “Sposerò Simon Le Bon”, da cui fu tratto nel 1986 l’omonimo film. Si attirò l’odio di tutte le sue coetanee ma contribuì a chiarire da che parte stessero le sfitinzie musicalmente parlando. Non con gli Spandau Ballet ma con i Duran Duran, ospiti a Sanremo 1985
Ruotare: andare in giro con la motocicletta
Sapiens: i genitori
Squinzie o Sfitinzie: le ragazze
Tubone: Motorino 50, di solito elaborato, con una sola trave (il tubo, appunto) a fare da telaio e carrozzeria. Si pensi al Sì della Piaggio o al Malaguti Fifty e al Garelli a quattro marce.