Dopo un summit notturno, il Consiglio Europeo ha approvato un prestito da 90 miliardi di euro per l'Ucraina per il biennio 2026-2027.
Niente utilizzo degli asset russi congelati per ora: l'UE emette debito sui mercati finanziari, garantito dal bilancio comunitario. Una mossa pragmatica per coprire le urgenze di Kiev per finanziare la guerra contro Mosca.
L'Ucraina dovrà restituire il prestito con i risarcimenti di guerra, ma è evidente come tale ipotesi resti un'incognita. Chi pagherà, allora, davvero il maxi prestito deciso dagli Stati UE – Italia compresa – la notte del 19 dicembre a Bruxelles?
Il meccanismo finanziario approvato dal Consiglio Europeo è molto semplice, ma reca con se molte incognite per gli Stati Ue.
In pratica l'Unione Europea prende in prestito i soldi dai mercati dei capitali, come un mutuo gigante a tasso zero per Kiev.
Il bilancio UE funge da garanzia, coprendo eventuali rischi di insolvenza. L'Ucraina rimborserà il prestito solo quando Mosca pagherà le riparazioni di guerra. Fino ad allora, i 210 miliardi di asset russi resteranno bloccati.
Questo "ponte finanziario" soddisfa le urgenze di Kiev, stimato in 137 miliardi totali (di cui UE copre due terzi), mentre si lavora a un futuro prestito basato sui profitti degli asset russi.
Se l'Ucraina non rimborsa il prestito e la Russia non paga i risarcimenti di guerra sarà, il bilancio dell'UE a coprire le perdite, il che significa che a farlo saranno gli Stati Europei poiché il bilancio comunitario è finanziato da contributi nazionali.
Non tutti gli stati membri, tuttavia, parteciperanno all'eventuale risarcimento del debito, poiché: Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca ottengono esenzioni grazie alla cooperazione rafforzata (art. 20 Tue).
I restanti 24 – Italia, Germania, Francia in testa – dividono l'onere tramite contributi al bilancio UE. In pratica, più debito comune significa quote proporzionali al PIL.
L' UE si riserva comunque di usare gli asset russi per il rimborso, nel rispetto del diritto internazionale.
In conclusione, l'UE compra tempo, ma il rebus resta: senza pace, i cittadini europei che rischiano di continuare a pagare la guerra.