18 Dec, 2025 - 12:30

"Il processo di Norimberga" è una storia vera? Inaccuratezza e verità della miniserie con Alec Baldwin

"Il processo di Norimberga" è una storia vera? Inaccuratezza e verità della miniserie con Alec Baldwin

"Il processo di Norimberga" è una miniserie televisiva del 2000 che porta sullo schermo uno dei capitoli più delicati del Novecento con il passo del grande racconto televisivo.

Al centro c’è Robert H. Jackson, interpretato da Alec Baldwin, affiancato da un cast di primo livello che include Brian Cox, Christopher Plummer e Max von Sydow.

La serie sceglie il linguaggio del cinema per raccontare la storia: dialoghi serrati, personaggi forti, tensioni continue in aula e dietro le quinte.

Ed è proprio qui che nasce la curiosità dello spettatore: quanto di quello che vediamo è andato davvero così e quanto, invece, è stato adattato per funzionare meglio sul piccolo schermo?

"Il processo di Norimberga": storia vera, ma filtrata

La risposta breve è sì: "Il processo di Norimberga" racconta una storia vera. I processi iniziano davvero nel novembre 1945 e segnano una svolta epocale.

Per la prima volta, i leader di uno Stato sconfitto vengono giudicati per crimini contro l’umanità davanti a un tribunale internazionale composto da giudici di Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Unione Sovietica.

La miniserie resta fedele a questo impianto e lo dichiara fin da subito. La sceneggiatura si basa sul libro "Norimberga: Infamia sotto processo" di Joseph E. Persico e utilizza testimonianze e materiali tratti dalle trascrizioni originali.

A colpire è soprattutto l’uso di vere immagini dei campi di concentramento, le stesse mostrate in aula nel 1945: una scelta che toglie ogni patina di fiction e riporta tutto a un livello crudo, quasi insostenibile.

Detto questo, Norimberga è anche una miniserie televisiva. Deve tenere alta l’attenzione, costruire tensione, dare ai personaggi un arco narrativo. Ed è qui che la storia viene piegata, senza essere stravolta.

Le inesattezze storiche: cosa cambia rispetto ai fatti

Alcune scene sono pensate più per il ritmo che per la precisione millimetrica. 

Nel film, Hermann Göring si arrende agli americani arrivando in auto con la moglie e la figlia in una base aerea tedesca il 12 maggio 1945.

Nella realtà, Göring viene arrestato il 6 maggio 1945, intercettato in un ingorgo stradale vicino a Radstadt da un’unità della Settima Armata statunitense, dopo aver tentato una resa "diplomatica" ai vertici americani. La versione televisiva è più lineare, quasi cinematografica, ma meno fedele.

Anche il controinterrogatorio di Göring viene rielaborato. Nella miniserie, Jackson appare inizialmente in difficoltà, salvo poi riprendersi e ribaltare la situazione. Storicamente, quel controinterrogatorio fu considerato un fallimento e compromise la reputazione di Jackson.

A riequilibrare davvero il processo fu l’intervento del procuratore britannico Sir David Maxwell-Fyfe.

Un’altra semplificazione riguarda le prime dichiarazioni degli imputati. Nel racconto televisivo vengono rese oralmente davanti al maggiore Airey Neave; in realtà, furono raccolte per iscritto dal capitano Gustave Gilbert, che chiese agli imputati di annotare le loro reazioni sugli atti di accusa.

Stessa sorte per l’arresto di Albert Speer: nel film viene fermato durante una conferenza ai soldati americani, mentre nella realtà viene arrestato a Flensburg insieme a Karl Dönitz e Alfred Jodl, dove avevano formato un governo provvisorio.

Dove la miniserie è sorprendentemente accurata

Tolte queste licenze, "Il processo di Norimberga" colpisce per quanto resta aderente allo spirito dei fatti. La ricostruzione dell’aula del tribunale è dettagliata, credibile, quasi maniacale. Le dinamiche tra gli imputati, il clima nella prigione, le tensioni tra le delegazioni alleate sono raccontate senza eccessi melodrammatici.

La caratterizzazione di Göring, interpretato da Brian Cox, è uno dei punti più riusciti. Astuto, istrionico, provocatorio, usa il processo come un palcoscenico e cerca costantemente di parlare al popolo tedesco scavalcando i giudici.

Un atteggiamento storicamente documentato, che la serie restituisce con dialoghi taglienti e un sarcasmo disturbante. Anche il percorso di Jackson è costruito su basi reali.

All’inizio crede che bastino trattati violati e prove scritte; col passare delle udienze comprende che i crimini nazisti non sono semplici infrazioni legali, ma un sistema amministrato da uno Stato. Il suo celebre discorso d’apertura, nel film, riprende fedelmente il senso delle parole pronunciate davvero:

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Il fatto che quattro grandi nazioni trattengano la mano della vendetta e sottopongano i nemici al giudizio della legge è uno dei tributi più significativi che il potere abbia mai reso alla ragione

Perché Alec Baldwin e "Norimberga" parlano al pubblico di oggi

Alec Baldwin ha spiegato di aver accettato il ruolo per raccontare i processi di Norimberga a una generazione cresciuta più con la cultura pop che con i libri di storia.

La miniserie nasce proprio con questo obiettivo: usare il linguaggio del cinema per spiegare un evento che ha inventato da zero un nuovo principio del diritto internazionale.

Dietro le quinte, il film mostra anche i conflitti personali e politici: i contrasti tra Jackson e il giudice Francis Biddle, le difficoltà di un tribunale che non aveva precedenti giuridici a cui appoggiarsi, il peso emotivo di immagini che, all’epoca, pochi avevano visto.

Il risultato è un prodotto che non pretende di essere un documentario puro, ma nemmeno una fiction disinvolta. "Il processo di Norimberga" resta una storia vera nella sua sostanza, anche quando arrotonda i dettagli per esigenze narrative, e riesce a trasformare mesi di dibattimenti legali in uno scontro serrato fatto di parole, potere e responsabilità.

Un racconto storico che, a distanza di anni, continua a reggere la scena.

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