È tornato a ribadire la sua innocenza Franco Mottola, l'ex maresciallo dei carabinieri della caserma di Arce imputato insieme al figlio Marco e alla moglie Annamaria per l'omicidio di Serena Mollicone, avvenuto nell'estate del 2001 nel Frusinate.
Nel corso della prima udienza del processo d'Appello bis, Mottola ha rilasciato dichiarazioni spontanee e ha respinto - come già fatto in passato - tutte le accuse, sostenendo di essere vittima, come i familiari, di una "campagna colpevolista".
Durante l'udienza, celebrata a Frosinone, Mottola ha preso la parola e, davanti ai giudici e alle parti, ha dichiarato, riferendosi anche al figlio e alla moglie imputati:
L'ex maresciallo ha poi respinto le accuse relative a presunti depistaggi e manipolazioni di prove, ribadendo di aver sempre agito secondo ordini superiori, senza alcuna volontà di depistare le indagini.
Per l'accusa, Mottola, il figlio e la moglie sarebbero coinvolti nel delitto, scaturito, forse, dalla decisione della 18enne - amica di lunga data di Marco - di denunciare qualche giro sospetto di cui anche il ragazzo avrebbe fatto parte.
I tre, finora sempre assolti, affermano fin dall'inizio, però, di essere estranei ai fatti. Oggi Mottola si è soffermato anche sul ruolo dell'ex brigadiere Santino Tuzi, che nel 2008 morì suicida dopo aver dichiarato di aver visto Serena entrare in caserma il giorno in cui scomparve.
A processo insieme ai Mottola erano finiti, prima di essere definitivamente assolti, anche due ex colleghi del carabiniere, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano, che erano accusati di concorso morale in omicidio e istigazione al suicidio.
L'ipotesi era che potessero aver coperto, in qualche modo, l'operato degli attuali imputati, che sperano ora in una nuova assoluzione. I familiari della vittima, dal canto loro, si aspettano giustizia per Serena, trovata morta ormai quasi 25 anni fa.
Era il 3 giugno 2001. Due giorni prima, la giovane si era recata in ospedale e in un bar, lasciando intendere di dover incontrare qualcuno, salvo poi scomparire. I primi sospetti si concentrarono sul carrozziere Carmine Belli, che fu incarcerato e poi scagionato da ogni accusa.
Anni dopo, la svolta, con l'iscrizione nel registro degli indagati dei Mottola, ora finiti nuovamente a processo. L'ipotesi accusatoria vuole che la giovane morì sbattendo la testa contro una porta dell'alloggio allora in uso all'ex maresciallo e ai suoi familiari.
Mottola sostiene però di essere stato lui a rompere lo stipite, "con un pugno dato di piatto, col dorso della mano". "Chiediamo di essere giudicati e assolti e che ci siano spiegati e risolti tutti i perché dell'assoluzione", ha dichiarato oggi chiudendo il suo discorso.