La Corte penale internazionale ha bocciato il tentativo di Israele di fermare l’inchiesta sui presunti crimini commessi a Gaza. Il verdetto consente alla CPI di proseguire le indagini e mantiene in vigore i mandati di arresto nei confronti del primo ministro, Benjamin Netanyahu, e dell’ex ministro della Difesa, Yoav Gallant, accentando le tensioni sul piano internazionale.
Il 15 dicembre 2025, la Camera d’appello della Corte penale internazionale (CPI) dell’Aja ha respinto uno dei ricorsi presentati da Israele, volto a bloccare l’indagine sui presunti crimini di guerra commessi nella Striscia di Gaza.
I giudici, con una maggioranza di tre a due, hanno respinto l’appello di ribaltare la decisione di un tribunale di grado inferiore, la quale consentiva al procuratore della CPI di proseguire le indagini sui presunti crimini commessi nel conflitto.
La sentenza rappresenta quindi una svolta cruciale, poiché apre la strada alla prosecuzione dell’inchiesta della Corte, che aveva già portato all’emissione di mandati di arresto nei confronti del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e dell’ex ministro della Difesa, Yoav Gallant nel novembre 2024, per presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Israele ha più volte respinto le accuse di aver commesso crimini di guerra nella Striscia di Gaza e non riconosce l’autorità della Corte.
Israele sosteneva che, dopo il 7 ottobre 2023, la situazione a Gaza fosse “nuova” e che, di conseguenza, il procuratore della CPI avrebbe dovuto inviare una nuova notifica formale prima di avviare o proseguire le indagini.
Secondo Israele, l’offensiva successiva al 7 ottobre derivava anche da nuovi deferimenti presentati alla Corte da altri paesi, tra cui Sudafrica, Cile e Messico.
I giudici della CPI hanno respinto questa argomentazione, stabilendo che la notifica del 2021, con cui la Corte aveva formalmente avviato l’indagine sui presunti crimini nei Territori palestinesi occupati, copriva già anche gli eventi successivi. Di conseguenza, non era necessaria alcuna nuova notifica.
La Corte ha quindi chiarito che i mandati di arresto nei confronti di Netanyahu e Gallant restano validi.
Tel Aviv ha duramente criticato la decisione della CPI. Secondo quanto riportato da The Times of Israel, l’ufficio di Netanyahu ha definito le accuse “antisemite” e ha affermato di averle respinte “con disgusto”.
Il ministero degli Esteri israeliano ha dichiarato:
Il cessate il fuoco tra Israele e Hamas è entrato in vigore il 10 ottobre 2025. Tuttavia, la tregua non ha fermato l’emergenza umanitaria. Inoltre, dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, almeno 391 palestinesi sono stati uccisi e 1.063 sono rimasti feriti.