16 Dec, 2025 - 10:50

Per Travaglio l'ultimo sabotatore della pace in Ucraina è Sergio Mattarella

Per Travaglio l'ultimo sabotatore della pace in Ucraina è Sergio Mattarella

Un po' come gli ultimi dei giapponesi, Marco Travaglio iscrive il nostro Presidente della Repubblica nel club di chi fino alla fine non si arrende alla pace in Ucraina. 

Stando al direttore del Fatto Quotidiano, infatti, è rimasto solo Mattarella a sognare che i confini di quella nazione non vengano ridisegnati dopo quasi quattro anni di guerra scatenata dalla Russia di Putin.

Mattarella, quindi, è un "sabotatore".

Putin, invece, dal punto di vista di Travaglio, non ha agito spinto solo dalla sua sete di potere, ma con valide ragioni che ora un po' tutti gli riconoscono.

Travaglio contro Mattarella: cosa ha scritto sul Capo dello Stato

Mattarella, nel corso della Conferenza degli ambasciatori italiani nel mondo, ha ripetuto che è aberrante cambiare i confini di uno Stato con la forza.

Purtroppo, per l'inquilino del Colle, è ciò che sta capitando in Ucraina.

Ma tant'è, per Travaglio, il nostro Presidente della Repubblica è solo l'ultimo a non arrendersi davanti a una realtà che Putin ha scritto in quattro anni di sanguinosa invasione:

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Mentre Mattarella si iscrive al club dei sabotatori del negoziato perché i confini ucraini sono sacri e intoccabili (mica come quelli di Serbia e Kosovo che da vicepremier bombardò per 78 giorni), Zelensky pare sempre più ragionevole perché conosce l'unico verdetto che conta: quello disastroso del campo...

Ecco: Travaglio, oggi, nel suo consueto editoriale, ne fa una questione di real politik.

Cosa sta accadendo per Travaglio sul fronte ucraino

Per Travaglio, prima si giunge alla pace, meglio è. Tanto più che ora anche Zelensky si sta convincendo a mollare sui due punti che hanno scatenato la guerra:

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Zelensky in pochi giorni ha rimosso i due moventi fondamentali di questi 11 anni di guerra con la Russia: il Donbass e la Nato...

Come dire: l'invasione se la sono cercata a Kiev. 

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La pillola amara dell'addio al Donbass, peraltro quasi tutto perso, l'ha indorata con l'annuncio che Trump ci impone di rinunciarvi (dobbiamo obbedire agli Usa, come sempre) e col caveat del referendum in loco. Ma tutti sanno che gli abitanti del Lugansk (tutto occupato) e del Donetsk (occupato all'85%) già prima della guerra erano quasi tutti russi o filorussi, e tantopiù lo sono ora, dopo 46 mesi di evacuazioni delle province occupate (in parte già ricostruite), dov'è rimasto quasi solo chi vuol restare russo o attende l'arrivo dei russi...

Insomma: per Travaglio, la gente del Donbass non vedeva l'ora di diventare russa, di abbandonare l'incubo di far parte del mondo libero e democratico europeo e di andare sotto il dominio del regime di Mosca. Del resto, la storia lo insegna: meglio sudditi che cittadini, no?

Il referendum inutile

Per Travaglio, a questo punto, è inutile, dopo i referendum (farsa) indetti dalla Russia qualche tempo fa nelle prime regioni conquistate, anche indire nuove consultazioni:

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Se si votasse, l'esito sarebbe scontato, quindi è improbabile che si voti: sennò si certificherebbe che da quattro anni rischiamo la terza guerra mondiale per difendere dai russi una popolazione che vuole stare coi russi

Questo è il ragionamento del direttore del Fatto. Il quale, non a caso, intitola il suo editoriale così:

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E dirlo prima?
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