Amnesty International accusa Hamas e altri gruppi armati palestinesi di aver commesso crimini contro l’umanità durante l’attacco del 7 ottobre 2023 nel sud di Israele e nei mesi successivi, in particolare attraverso l’uccisione di civili e la gestione dei sequestri di ostaggi. Secondo l’organizzazione, si tratta di una campagna coordinata di violenze che rientra nel quadro dei peggiori crimini previsti dal diritto internazionale penale.
L’11 dicembre 2025 Amnesty ha reso pubblico un rapporto di circa 170 pagine dedicato alle violazioni commesse da Hamas e da altri gruppi palestinesi a partire dal 7 ottobre 2023. Il documento analizza in dettaglio l’attacco lanciato contro località civili nel sud di Israele e il trattamento riservato agli ostaggi portati nella Striscia di Gaza.
Secondo Amnesty, le formazioni armate palestinesi hanno condotto un’operazione coordinata che ha preso di mira soprattutto obiettivi civili, con un numero di morti stimato in circa 1.200 persone, di cui oltre 800 civili, inclusi decine di bambini. A questo si aggiunge il rapimento di oltre 250 persone, poi trattenute per mesi a Gaza in condizioni che l’organizzazione definisce gravemente illegali.
Nel rapporto, Amnesty elenca una serie di condotte che, sommate e inserite in un quadro sistematico, configurano crimini contro l’umanità. Tra questi vengono indicati “omicidio”, “sterminio”, “imprigionamento o altre gravi privazioni della libertà in violazione delle norme fondamentali del diritto internazionale”, “sparizione forzata”, “tortura”, “stupro e altre forme di violenza sessuale” e “altri atti inumani”.
L’organizzazione sottolinea come il massacro del 7 ottobre sia qualificabile in particolare come crimine contro l’umanità di sterminio, per l’entità delle uccisioni e la natura deliberata dell’attacco contro la popolazione civile. Amnesty rileva inoltre che la detenzione prolungata degli ostaggi, accompagnata da maltrattamenti, minacce e privazione di contatti con l’esterno, costituisce un crimine contro l’umanità di “imprigionamento” e, in numerosi casi, di “tortura”.
Uno degli elementi centrali del dossier riguarda la gestione degli ostaggi israeliani e stranieri trascinati a Gaza il 7 ottobre. Amnesty documenta casi di persone tenute per mesi in luoghi segreti, in isolamento, con accesso limitato o nullo a cure mediche, cibo adeguato e contatti con le famiglie, in un quadro che viene descritto come detenzione arbitraria su vasta scala.
Il rapporto sostiene che la presa e la detenzione di ostaggi non siano state il risultato di iniziative sporadiche, ma parte di un piano esplicitamente rivendicato dalla leadership di Hamas e di altre milizie palestinesi. Questo elemento, unito all’ampiezza geografica e temporale delle violenze, porta Amnesty a parlare di “attacco diffuso e sistematico contro una popolazione civile”, requisito chiave per la qualificazione di crimini contro l’umanità.
Amnesty attribuisce la responsabilità principale dei crimini ad Hamas e alla sua ala armata, le Brigate al-Qassam, pur chiamando in causa anche altri gruppi, come la Jihad islamica palestinese e alcune brigate locali, oltre a civili armati non affiliati. L’organizzazione esorta tutti gli Stati che intrattengono rapporti con questi attori ad adoperarsi per garantire giustizia e per prevenire il ripetersi di simili atrocità.
Il nuovo rapporto arriva dopo le precedenti denunce di Amnesty nei confronti di Israele, accusato a sua volta di aver commesso crimini di guerra e persino genocidio nella campagna militare su Gaza successiva al 7 ottobre 2023. L’organizzazione insiste sulla necessità di un approccio coerente: per una pace duratura, avverte, è indispensabile garantire giustizia e responsabilità per tutte le vittime, tanto dei crimini di Hamas quanto di quelli delle forze israeliane.