Sono passati quasi quattro anni dal giorno in cui Liliana Resinovich, 63 anni, si allontanò dall'abitazione che condivideva con il marito Sebastiano Visintin in via Verrocchio, a Trieste, e sparì nel nulla. Era il 14 dicembre 2021. Ventidue giorni più tardi, il suo corpo fu ritrovato nel boschetto dell'ex ospedale psichiatrico "San Giovanni", avvolto in due grandi sacchi neri, con la testa in due sacchetti più piccoli.
Gli inquirenti avanzarono subito l'ipotesi di un suicidio, chiedendo l'archiviazione. I familiari, però, si opposero e il gip dispose nuove indagini per omicidio, al centro delle quali c'è ora il marito della donna, che si è sempre dichiarato estraneo ai fatti. "Secondo me sa tutto", ha ribadito a Tag24 Claudio Sterpin, amico-amante di "Lilly", commentando gli ultimi sviluppi del caso.
Sterpin si è soffermato innanzitutto sulla testimonianza dell'ex ristoratore che si sarebbe presentato da Visintin affermando che Liliana gli avrebbe chiesto delle buste simili a quelle dentro cui fu ritrovato il suo corpo dopo la scomparsa.
"Non può essere altro che una bufala, un racconto inventato per sostenere la pista del suicidio", ha dichiarato a Tag24. Specificando che Lilly non avrebbe avuto alcun motivo per procurarsi i sacchi tramite un conoscente.
Se le fossero serviti, li avrebbe semplicemente comprati. Per l'uomo, però, "non si sarebbe mai tolta la vita". Saremmo, piuttosto, di fronte "a un depistaggio". Uno dei tanti che, a suo dire, avrebbero accompagnato la vicenda fin dall'inizio.
Sterpin, che ha sempre raccontato di aver avuto con Liliana una relazione extraconiugale, ritiene che la 63enne sia stata uccisa. E non da "uno o due assassini, ma da una congrega molto più ampia".
"Il movente? Soprattutto economico", ha aggiunto, parlando di "errori voluti" e informazioni infondate diffuse solo per creare confusione. Ad essere dannose, secondo lui, soprattutto le prime fasi dell'inchiesta. "Liliana era felice", ha dichiarato.
"Avevamo dei progetti. Una volta mi disse che se fosse riuscita a vivere accanto a me per anche solo sei mesi, avrebbe coronato il sogno della sua vita", ha raccontato. "L'ho detto più volte: secondo me Sebastiano (al momento unico indagato, ndr) sa tutto".
Visintin continua a dirsi estraneo ai fatti, puntando il dito proprio contro Sterpin, sostenendo che abbia detto solo "sciocchezze". Stando alla sua versione, lui e Liliana non erano in crisi. Ma l'ex ultramaratoneta la pensa diversamente. "Non capisco perché la giustizia si sia comportata in maniera così leggera con lui", ha dichiarato a Tag24.
Poi ha ricordato che il prossimo 11 dicembre alle ore 9 si terrà davanti al tribunale di Trieste un sit-in in memoria di Liliana. Sarà una manifestazione pacifica e senza megafoni, voluta soprattutto dai familiari: "Ricorderemo Lilly e chiederemo giustizia", ha detto, invitando il maggior numero possibile di persone a partecipare.
"Qualcuno mi accusa apertamente. Ma a più di ottant'anni sarei andato ad ammazzare Liliana solo perché magari non voleva più stare con me, che sono già vedovo? Ho sempre detto la verità e continuerò a farlo: se servirà andrò ad urlarla anche nelle piazze", ha concluso.
Proseguono intanto gli accertamenti che dovranno fare luce sull'accaduto. "Si stanno rianalizzando anche reperti che erano già stati presi in considerazione", ci aveva confermato qualche giorno fa la genetista Marina Baldi, consulente della nipote della vittima. Staremo a vedere cosa succederà.