"Cry Macho - Ritorno a casa" ha segnato il ritorno sul grande schermo di Clint Eastwood - non solo come attore, ma anche come regista e produttore.
Uscito nel 2021, il film è un road‑movie, un lungo e profondo viaggio di un cowboy in pensione, galli da combattimento, confini messicani, un ragazzino difficile… un percorso che è molto più di una semplice missione.
Un mix di malinconia, redenzione e speranza, con quel tocco di polvere da strada e cappello da cowboy che solo Eastwood sa dare. Se ti stai chiedendo come finisce, dove l’hanno girato e di cosa parla davvero… sei nel posto giusto. E sì: spoiler totali in arrivo.
Nel film, ambientato nel 1979, Mike Milo è un ex campione di rodeo che si è ritirato dopo un brutto infortunio alla schiena. Reduce da una vita fatta di cavalli e ferite, si vede offrire un incarico da un ex capo, Howard Polk: andare in Messico, recuperare suo figlio tredicenne, Rafo, e riportarlo in Texas.
Mike accetta - probabilmente spinto da un senso di dovere, forse da nostalgia di una vecchia vita. Arrivato in Messico, però, scopre che Rafo conduce un’esistenza tutt’altro che da figlio modello: ha un gallo da combattimento, di nome Macho, e partecipa a combattimenti clandestini.
Quando Mike lo rintraccia, il ragazzo è in un’arena di scommesse illegali. La situazione esplode: c’è un raid della polizia, tensioni, fuga. Mike propone al ragazzo di tornare in Texas - con lui. Il tredicenne, incuriosito, dice sì e inizia il viaggio.
Non è un cammino facile: la madre di Rafo, Leta, non vuole che il figlio la lasci. Manda degli scagnozzi a fermarli, minaccia Mike, cerca di riprendersi il figlio. Ma lui resiste: Rafo è convinto di voler vedere suo padre, e Mike, passo dopo passo, inizia a costruire un legame con il ragazzo.
Durante il viaggio, ci sono momenti di paura - inseguimenti, auto rubate, pericoli. Ma anche attimi di quiete: sosta in un ristorante, incontro con una donna dal cuore sincero, Marta, che li ospita e offre un momento di sollievo. E con lei, per Mike, scatta qualcosa che sa un po’ di rinascita.
E mentre le strade si fanno deserte e la tensione cresce, Mike insegna a Rafo a montare a cavallo, parla con lui di vita, di errori, di cosa significa essere "uomini veri" - non con la pistola in mano, né con la durezza per forza. Ma con onestà e valori.
Hai presente quei paesaggi americani fatti di strade infinite, praterie polverose e ranch con cowboy? Bene: la troupe di "Cry Macho" li ha trovati… nel cuore del New Mexico. La fotografia è partita da Albuquerque, New Mexico il 4 novembre 2020.
Poi la produzione si è spostata in varie zone del New Mexico: tra le contee di Socorro, Bernalillo, Sandoval, Sierra e Valencia.
Alcune scene sono state girate in cittadine come Belen, New Mexico, che per dimensioni ridotte e strade silenziose ha permesso di ricreare perfettamente piccoli centri americani anni '70, chiudendo parti di Main Street per le riprese.
Il regista - Eastwood - ha deciso di evitare green screen quando possibile: paesaggi reali, luce naturale, strade polverose, ranch autentici. Questo per dare al film un’anima "vero far west", fatta di polvere, vento e silenzi.
Risultato? Il New Mexico diventa un doppio: a tratti Texas, a tratti Messico. Perfetto per un viaggio di rinascita, paura e speranza.
Ecco la resa dei conti. Dopo inseguimenti, tensioni e fatiche, Mike e Rafo sono quasi al confine col Texas. Un ultimo ostacolo: lo scagnozzo della madre, Aurelio, li trova, li costringe fuori strada e li punta con una pistola. Sembra la fine.
Ma… in soccorso arriva Macho - sì, il gallo da combattimento. Con un attacco a sorpresa, il pennuto mette fuori gioco Aurelio, dando a Mike il tempo di sferrare il contrattacco e prendere la pistola. Ebbene sì: un gallo salva il giorno.
Con l’auto di Aurelio, scappano e riescono a raggiungere il confine. A quel punto Rafo abbraccia suo padre, come previsto dall’incarico iniziale. Prima di separarsi, però, Rafo regala Macho a Mike - quasi a dire che certe cose non si abbandonano, anche quando si cambia vita.
Mike resta sul lato messicano del confine. Non torna in Texas. E torna da Marta: quella donna che, con semplicità e calore, lo aveva accolto, protetto, fatto ballare, ridere, sentire vivo. Il cowboy stanco trova un nuovo inizio.
Qui le strade si dividono davvero: Rafo torna a casa dal padre, Mike sceglie di non tornare indietro, ma di restare dove forse per la prima volta dopo anni - sente davvero di poter iniziare di nuovo. E Macho, il gallo combattente, è l’emblema di un legame strano, improbabile, ma profondo.
Il film non è un western epico, all’americana, ma un road‑movie intimo, raccolto, delicato. Il viaggio è più interiore che geografico. Le difficoltà non sono sparatorie, ma fiducia, fiducia tradita, paura, ricordi da seppellire.
Il contrasto tra la durezza di un cowboy in declino e la fragilità di un ragazzo in cerca di una via è toccante - e rappresenta una delle riflessioni principali: cosa vuol dire essere "macho"? Essere duri, violenti e chiusi o essere capaci di cura, lealtà, empatia?
Le location reali, il paesaggio, la fotografia - tutto contribuisce a rendere la pellicola credibile, "vissuta". Non c’è artificio hollywoodiano, ma polvere, vento, strade infinite. Per chi ama il cinema "vero", è un bel respiro. E poi… un gallo da combattimento che salva il protagonista. Sì: a volte la vita, l’affetto, il destino… arrivano con le piume.