Nella giornata di Mercoledì 26 Novembre, Hong Kong è stata colpita da un vasto incendio che ha visto protagonista il complesso residenziale Wang Fuk Court, un insieme di otto grattacieli di 32 piani ciascuno, con quasi 2000 appartamenti in tutto, collocato nel distretto di Tai Po, a Nord del centro della città, provocando centinaia di vittime, dispersi, feriti e un’emergenza sociale e umanitaria senza precedenti: si tratta, infatti, di uno degli incendi più mortali verificatisi di recente. A distanza di una settimana dall’accaduto, il bilancio delle vittime continua a salire, con una città ancora molto sotto choc.
Il complesso di Wang Fuk Court, collocato nel distretto suburbano di Tai Po (con 300 mila residenti) e abitato dal 1983, rientra nel programma governativo di edilizia sovvenzionata per l’acquisto della casa: i prezzi immobiliari della città, infatti, sono alle stelle da tempo, e questo costituisce una fonte di malcontento sociale che questa tragedia potrebbe alimentare ulteriormente, soprattutto in vista delle elezioni legislative previste per domenica 7 dicembre.
L’incendio è divampato a partire da uno dei palazzi del complesso, in ristrutturazione da un anno e interamente avvolto da impalcature di bambù e reti da cantiere, che sarebbero state le principali cause dell’accaduto. Le fiamme si sarebbero, infatti, propagate rapidamente a causa di materiali altamente infiammabili, spesso utilizzati, in Asia, nelle opere di ristrutturazione, e della presenza di impalcature esterne poco sicure: una combinazione che ha distrutto l’intero complesso in poco più di cinque minuti.
Sin da subito, le squadre specializzate, con tute protettive, caschi e maschere ad ossigeno, si sono mobilitate in forza per tentare di domare le fiamme, e decine di mezzi e centinaia di uomini sono intervenuti con un dispiego di risorse senza precedenti, sia all’esterno che all’interno degli edifici carbonizzati dove, a distanza di una settimana, si continuano le ricerche di chi risulta ancora disperso. Le principali sfide che i Vigili del fuoco hanno dovuto affrontare per l’evacuazione e per le ricerche sono state le alte temperature, gli interni piccoli e affollati e il rischio di ulteriori crolli o incendi.
Le operazioni di spegnimento delle fiamme si sono protratte per quasi 48 ore, con grandi difficoltà complicate da fumo denso, attrezzature insufficienti e la vastità del complesso residenziale. Derek Armstrong Chan, vicedirettore dei Vigili del fuoco, ha detto che il calore all’interno delle torri ha impedito, alle squadre, di raggiungere gli ultimissimi piani per recuperare chi risulta ancora disperso: “Continueremo a provarci”, ha assicurato alla CNN. L’incendio è stato completamente spento nella giornata di venerdì 28 novembre ma, da allora, il numero dei morti e dei feriti continua ad aumentare.
Il 1° dicembre, il bilancio dei morti accertati risulta essere di 151 persone, ma ci sono ancora numerosi dispersi e centinaia di sfollati che hanno perso le proprie abitazioni ed ogni bene. Durante la giornata di lunedì, inoltre, l’Unità di identificazione delle vittime di catastrofi (DVIU), che si è recata all’interno delle torri incenerite, ha riferito di aver trovato resti di corpi di alcuni residenti ridotti in cenere, rendendone persino difficile l’identificazione.
Il vice commissario di polizia Lam Man-han riferisce che, nel corso delle ricerche, sono stati tratti in salvo anche molti animali domestici, affidati, poi, alle autorità competenti e a diverse organizzazioni animaliste che sono sul posto con ambulanze dedicate, per trasferire gli animali sopravvissuti nelle cliniche veterinarie. La responsabile dell’Unità Investigativa Tsang Shuk-yin afferma che la polizia prevede di concludere le ispezioni delle torri entro le prossime due settimane.
L’incendio del complesso, in ristrutturazione da circa un anno, è andato avanti per circa 48 ore, bruciando i ponteggi in bambù che erano stati montati attorno agli edifici. Tra i 4.600 residenti totali del complesso, però, molti avevano già espresso, un anno fa, le loro preoccupazioni in merito alla sicurezza dei lavori in queste condizioni.
Le prime attenzioni degli inquirenti si concentrano, pertanto, su materiali e condizioni di sicurezza del complesso: le impalcature di bambù, la rete di nylon, pannelli isolanti potenzialmente pericolosi e un sistema antincendio apparentemente inattivo, in buona parte degli edifici colpiti. Tutti questi materiali sono ancora molto diffusi, in Asia, nei lavori di ristrutturazione: tra le gravi irregolarità, pertanto, le autorità hanno confermato l’uso di materiali non ignifughi, tra cui reti in plastica verde e pannelli di polistirolo installati perfino sulle finestre, che avrebbero accelerato la diffusione delle fiamme.
Sono dodici, fino ad ora, le persone arrestate dalla polizia di Hong Kong, tra dirigenti di imprese edili, come la Prestige Construction, consulenti tecnici, subappaltatori, ingegneri e responsabili dei lavori, con l’accusa di omicidio colposo. Una precedente ondata di arresti aveva già coinvolto alcuni dirigenti della società incaricata dei lavori, sospettati di grave negligenza.
È partita una revisione straordinaria della normativa antincendio e delle ristrutturazioni in corso, con ordinanze urgenti di sicurezza in tutta la città. Continua, nel frattempo, anche la disputa tra bambù e plastica: il capo dell’esecutivo John Lee ha annunciato che il bambù sarà de-commissionato un po' per volta, fino ad arrivare alle impalcature di metallo.
“Stay Strong, Hong Kong” è lo slogan di questi giorni nella città colpita: dopo che migliaia di residenti del complesso andato in fiamme si sono trovati senza casa in un attimo, alberghi e centri di accoglienza hanno accolto gli sfollati e la solidarietà è esplosa, con donazioni di beni di prima necessità, raccolte fondi, aiuti umanitari e mobilitazioni di ogni tipo.
I leader del governo, riferisce The Guardian, insieme a decine di alti funzionari pubblici guidati dal capo dell’esecutivo John Lee, sono rimasti in silenzio per tre minuti, sabato mattina, fuori dalla sede del governo, dove le bandiere della Cina e di Hong Kong erano a mezz’asta e, nonostante i tre giorni di lutto proclamati ufficialmente dalle autorità siano terminati, i cittadini continuano a rendere omaggio alle vittime, depositando fiori bianchi e gialli e messaggi commemorativi in un parco collocato nei pressi del complesso.
Inevitabilmente, c’è anche rabbia: molti si domandano come sia stato possibile che, nonostante precedenti segnalazioni di rischio dei lavori in corso, la tragedia si sia comunque verificata. Si è anche aperto un dibattito pubblico ed internazionale sulla sicurezza abitativa, sulla tutela dei diritti dei residenti e sulla responsabilità sociale delle amministrazioni e delle imprese: “Considerato l’immenso interesse pubblico in gioco – afferma la Commissione Indipendente contro la Corruzione – l’ICAC ha istituito una task force per avviare un’indagine completa sulla possibile corruzione nel grande progetto di ristrutturazione del complesso di Wang Fuk a Tai Po”, con ispezioni immediate su tutti i grandi cantieri in corso, per evitare il ripetersi di tragedie simili e una revisione radicale delle norme di sicurezza degli edifici in ristrutturazione.
Oggi Hong Kong piange le sue vittime, ma domani dovrà ricostruire edifici, fiducia e giustizia: l’incendio alla Wang Fuk Court di Hong Kong non è solo una tragedia, ma un segnale d’allarme vero e proprio che resterà scolpito nella memoria della nazione. L’accaduto servirà sicuramente da monito e spingerà ad adottare maggiori misure di sicurezza e vigilanza, e una maggiore trasparenza nel rispetto delle regole sul lavoro, in quanto garanzie di vita.
A cura di Arianna Pisciarino