03 Dec, 2025 - 11:00

Rischio escalation globale? Il generale Camporini chiarisce perché Cavo Dragone e Nato non sbagliano

Rischio escalation globale? Il generale Camporini chiarisce perché Cavo Dragone e Nato non sbagliano

Continua a far discutere e a dividere l’intervista rilasciata nei giorni scorsi al Financial Times dall’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo del Comitato Militare della Nato, in cui si faceva riferimento a un possibile attacco preventivo alla Russia per fronteggiarne la crescente aggressività. 

Le parole di Cavo Dragone hanno inevitabilmente suscitato preoccupazione e sono state oggetto di critiche.

A smontare le interpretazioni più allarmistiche è intervenuto il generale Vincenzo Camporini, già Capo di Stato Maggiore della Difesa (2008-2011), che ai microfoni di Radio Cusano Campus ha chiarito perché – a suo avviso – le parole di Cavo Dragone siano state fraintese e perché la Nato abbia motivo di valutare un cambio di strategia.

Camporini su Cavo Dragone e NATO: “La guerra cyber è in atto, inutile nasconderlo”

Il generale Vincenzo Camporini è intervenuto sulla polemica suscitata dall’intervista dell’ammiraglio Cavo Dragone pubblicata dal quotidiano inglese Financial Times.

Nel suo intervento nel corso del programma “Battitori Liberi”, condotto da Gianluca Fabi e Savino Balzano, Camporini è stato netto:

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“Chi ha pensato che Cavo Dragone parlasse di attaccare per primi evidentemente è incapace di leggere. Il significato è estremamente chiaro e inequivocabile. La guerra cyber è in atto, inutile nasconderlo, e ci sono una serie di attività che continuamente cercano di danneggiare le reti informatiche che governano le nostre vite.”

Il generale sottolinea come, fino a oggi, la politica di difesa occidentale si sia limitata a una postura essenzialmente passiva:

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“Fino a ora la policy è stata quella di proteggersi tramite scudi antivirus, ma per proteggersi meglio si potrebbe anche provare a eliminare l’entità hacker che ha provato a entrare nel sistema, identificandola e mandando virus per azzittirla”. 

Secondo Camporini, l’ammiraglio Cavo Dragone ha fatto bene a evidenziare la necessità di un cambio di passo e di strategia da parte della Nato. Una necessità al vaglio dei vertici del Patto Atlantico per rispondere in maniera più efficace alle nuove minacce che l’occidente si trova a fronteggiare. 

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“La Nato è sempre stata remissiva sotto questo aspetto, limitandosi sempre a una difesa passiva. Negli anni non ci sono stati cambiamenti, e Cavo Dragone ha fatto bene a evidenziare come serva essere più proattivi. Cambiare le policy non è semplice, serve un convincimento politico che porti a una consapevolezza condivisa di fare le cose in un certo modo. Oggi la nostra vita è condizionata totalmente dai sistemi informatici, ne siamo dipendenti”.

Dalla cyber-guerra agli attacchi ibridi: il contesto che preoccupa l’Occidente

Un "attacco preventivo" può essere considerato un'"azione difensiva" in quanto finalizzata a scoraggiare ulteriori azioni ostili da parte della Russia.

Cavo Dragone non è il primo – e probabilmente non sarà l’ultimo – a richiamare l’attenzione sulla pressione crescente che Europa e Occidente subiscono da quasi tre anni. Gli episodi elencati dai servizi di intelligence europei sono numerosi:

•  droni russi ritenuti responsabili della violazione dello spazio aereo di Polonia e Romania;
•  droni non identificati che hanno colpito aeroporti e infrastrutture militari in diversi Paesi europei;
•  ripetute interferenze GPS nell’Europa orientale;
•  incursioni di aerei e navi militari russe;
•  sabotaggi e danneggiamenti a infrastrutture critiche, come il recente caso su una linea ferroviaria in Polonia.

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“La guerra è in una fase di immobilismo, c’è questa iniziativa russa che si estrinseca in spallate quotidiane che vengono mandate. Ma Putin recita questa parte, è lui che ha aggredito e che vuole continuare a farlo, come ha dimostrato rifiutando l’ipotesi di un cessate il fuoco. Ha detto che il cessate il fuoco ci sarà solo al momento dell’accordo: questo significa rovesciare la logica dei comportamenti”.

Ha concluso Camporini.

Un quadro che, secondo l’ex capo di Stato Maggiore, giustifica la necessità per la Nato di interrogarsi su una postura più decisa nel dominio cyber e nella risposta agli attacchi ibridi.

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