Mai come ora, in un momento di turbolenze all’interno della maggioranza politica, serve unità per l’approvazione della Manovra 2026. Questa compattezza riporta l’attenzione sull’ampliamento del catasto, attraverso un emendamento che mira a far emergere gli immobili non dichiarati, le cosiddette case fantasma. Ma è davvero possibile che una veranda chiusa anni fa, un ampliamento non registrato o un fabbricato rurale mai accatastato possano trasformarsi in un debito con il fisco?
Nel pieno della definizione delle misure finanziarie, l’emendamento 7.0.2 al disegno di Legge di Bilancio 2026 assegna all’Agenzia delle Entrate un compito preciso: individuare gli immobili non dichiarati o non coerenti con il loro stato reale. Se questa misura sarà confermata, potrebbe far riemergere numerosi casi di irregolarità catastale, con conseguenze anche pesanti per molti proprietari.
L’emendamento rafforza gli strumenti del fisco nel contrasto alle irregolarità e rappresenta un passaggio decisivo nella revisione del catasto. Il provvedimento dà continuità alle norme che già consentono ai Comuni di invitare i proprietari ad aggiornare la loro posizione catastale e riprende anche quanto previsto dal Decreto Legislativo 262 del 2006, che introduceva l’individuazione dei fabbricati non censiti tramite telerilevamento e rilievi aerofotogrammetrici.
Con la Legge di Bilancio 2026 il legislatore prosegue un percorso già avviato, potenziato dalle tecnologie introdotte con il PNRR e orientato alla trasparenza del catasto. Ma resta una domanda: tutto ciò sarà sufficiente a far emergere davvero le case fantasma?
Si tratta di immobili che, pur esistendo, non risultano nelle banche dati catastali o vi compaiono con misure, categorie o classi incoerenti. Molti casi sono presenti da anni, persino da decenni. Il parco immobiliare italiano comprende abitazioni mai dichiarate, ampliamenti non registrati, depositi trasformati in abitazioni, manufatti rurali diventati magazzini e fabbricati costruiti senza perfezionare l’iscrizione catastale. È un insieme eterogeneo che mette in evidenza la differenza tra chi aggiorna correttamente il proprio immobile e chi resta fuori dalle banche dati dello Stato.
Le stime parlano di un fenomeno molto ampio, con milioni di immobili potenzialmente non dichiarati o irregolari tra residenziali e produttivi. Un patrimonio sommerso che altera la rappresentazione del territorio, alimenta evasione fiscale e crea disparità tra contribuenti.
La nuova disciplina introduce diverse novità in materia di accertamento immobiliare. È un emendamento non ancora in vigore, ma che delinea già cinque passaggi fondamentali.
Secondo quanto riportato da Ediltecnico, l’Agenzia delle Entrate potrà avvalersi di telerilevamento, fotointerpretazione, sopralluoghi e incrocio di banche dati. Si tratta di un ampliamento importante, reso possibile dalle tecnologie digitali sviluppate negli ultimi anni.
Come spiegato da Informazione Fiscale, quando emerge una difformità il proprietario riceve una lettera di compliance e deve procedere alla regolarizzazione tramite procedura DOCFA. In caso di aggiornamento spontaneo, la rendita catastale viene applicata retroattivamente alla data di ultimazione dei lavori o all’inizio dell’utilizzo dell’immobile.
È uno dei punti più severi. Se entro sette mesi non viene presentato alcun aggiornamento, l’Agenzia attribuisce una rendita presunta, come sottolineano le analisi di Fisco e Tasse. Per gli immobili residenziali viene applicata la tariffa più alta del gruppo A, per quelli non residenziali la più alta del gruppo C. Una rendita così determinata può risultare molto superiore a quella reale, con effetti immediati su IMU, redditi fondiari e ISEE.
Se il proprietario non è raggiungibile, la comunicazione diventa valida con la pubblicazione delle particelle in Gazzetta Ufficiale. Da quel momento decorrono i termini per la regolarizzazione, anche senza una notifica diretta.
La rendita, sia dichiarata sia presunta, produce effetti automatici su tutti i tributi collegati all’immobile. IMU, imposte sui redditi, tributi locali e basi ISEE vengono ricalcolati sulla rendita definitiva. La retroattività può generare conguagli anche per più annualità, con importi che in alcuni casi possono risultare molto elevati. È la misura che incide di più sul portafoglio dei proprietari.