"Cinico": questo è il commento migliore che si raccoglie nei paraggi del Pd dopo l'ennesimo tradimento di Giuseppe Conte ai danni di Elly Schlein.
Pur di non far apparire la segretaria del Pd come la leader del Campo largo, il presidente del Movimento Cinque Stelle ha giocato di sponda con Giorgia Meloni la partita degli inviti alla prossima edizione di Atreju, la festa di Fratelli d'Italia.
Tutto era iniziato con il partito di maggioranza relativo che aveva fatto pervenire un invito alla Nazarena; quest'ultima aveva risposto di esserci a patto di avere un confronto diretto con Giorgia Meloni. La premier, a quel punto, sembrava all'angolo. Ma ne è uscita dicendo che, al confronto doveva partecipare anche Giuseppe Conte perché ancora non è ben chiaro chi sia il leader dell'opposizione.
A quel punto, Conte, anziché agevolare Elly Schlein, ha subito riferito di accettare l'invito.
Ed Elly Schlein è rimasta con il classico cerino in mano. La segretaria del Pd ha dovuto fare un passo indietro perché andare in casa di Fratelli d'Italia a sostenere un dibattito con Giorgia Meloni con accanto un alleato che non la pensa come te su tanti temi chiave, anche no: sarebbe stata una via crucis.
Ma, intanto: quanta amarezza al Nazareno e dintorni per il cinismo di Conte!
Per di più, all'indomani delle elezioni regionali in cui il Movimento Cinque Stelle, grazie al Pd versione portatore di sangue, ha raccolto molto più di quanto meritasse: si ritrova con un Governatore in più (Roberto Fico in Campania) sebbene con molti voti in meno.
Non c'è nulla da fare allora: Giuseppe Conte, più che un alleato, è un traditore seriale. Questo è il pensiero di sempre più democratici.
Diciamo la verità: il motivo principale dietro la decisione di Giuseppe Conte di accettare l'invito di Giorgia Meloni a Atreju risiede nella volontà di distanziarsi dall'alleanza organica con Elly Schlein e il retso del centrosinistra.
Durante le ultime settimane, i rapporti tra Conte e Schlein si erano logorati a causa di divergenze programmatiche e strategiche. La guerra in Ucraina, ma non solo.
Conte, leader del Movimento 5 Stelle, ha percepito nell'approccio di Schlein una restrizione e un indirizzo politico troppo ancorato alla sinistra tradizionale, il che limita la sua necessità di essere sempre un po' il battitore libero della politica italiana.
Partecipare ad Atreju, una manifestazione storicamente legata all'area sovranista e di destra, è stato per lui, quindi, l'occasione di dare un segnale forte di una nuova autonomia politica, probabilmente per cercare spazi più ampi di dialogo oltre l’alleanza di centrosinistra.
Tuttavia, questo gesto è stato letto anche come una frattura ideologica: Elly Schlein, che ha puntato molto sulla costruzione di un fronte progressista "testardamente unitario", in via riservata, ha duramente criticato questa scelta, definendola una involuzione, un tradimento verso gli impegni comuni e quei valori progressisti che si dicono condivisi.
E comunque: il problema di fondo che hanno Elly Schlein e Giuseppe Conte è che entrambi vogliono la stessa cosa, entrambi ambiscono a sfidare in prima persona Giorgia Meloni in occasione delle prossime politiche del 2027.
La partecipazione di Giuseppe Conte ad Atreju può essere interpretata, infatti, anche come parte di una strategia più ampia per tornare al centro della scena politica e rilanciare la sua candidatura a Palazzo Chigi.
Dopo gli ultimi anni caratterizzati da alti e bassi nel posizionamento politico e dalla perdita di consensi del Movimento 5 Stelle, Conte sembra voler costruire un’immagine più pragmatica e trasversale, capace di attrarre anche fasce di elettori tradizionalmente schierati a destra o moderati.
Il passo verso Atreju può essere visto quindi come un tentativo di presentarsi come una figura al di sopra delle coalizioni tradizionali, anche se questo significa perdere alleati e rompere ponti con chi, come Schlein, aveva finora rappresentato il suo principale interlocutore a sinistra.
Ma tant'é: il compromesso tra rinnovamento e coerenza politica appare complesso. Il futuro di Conte dipenderà molto dalla sua capacità di gestire le critiche interne e dalla reazione dell'elettorato che nei prossimi mesi deciderà se premiare o punire il suo doppio gioco.