Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi, poi ritornano, come dice la canzone.
Marco Travaglio lo sa. E oggi, più che mai nella versione "Emilio Fede di Putin", parlando di Ucraina, se la prende con tutti, in primis con gli "euro-nani", tranne che con due amanti storici: il Movimento Cinque Stelle di Giuseppe Conte e la Lega di Matteo Salvini.
I quali, a Bruxelles, sulla questione del riarmo, si ritrovano dalla stessa parte. Anche ieri hanno votato no. Perché quando di mezzo c'è Putin, stanno sempre e comunque con lui.
Ma cosa ha scritto oggi il direttore del Fatto Quotidiano da far venire in mente il famoso ritornello di Antonello Venditti?
Nel suo editoriale intitolato "All'armi: pericolo di pace", si sofferma sulla trattativa (o presunta tale) tra Russia e Usa sul destino dell'Ucraina. E se la prende con chi, vedi l'Europa, ha giudicato il piano di Trump troppo sbilanciato a favore del regime del Cremlino. Cosa, tra l'altro, ammessa dallo stesso presidente, tant'è che poi ha parlato solo di bozza.
L'Europa si è fatta sentire per garantire all'Ucraina un accordo più giusto. Ma Travaglio, o meglio Travagliov- Emilio Fede di Putin, come ormai i suoi detrattori hanno preso a chiamarlo, non si dà pace. Secondo lui, bisogna fare come Putin comanda. Punto e basta. Gli ucraini devono lasciare anche i territori che i russi, in quasi quattro anni, non hanno mai conquistato in Donbass e devono smettere di combattere per la loro libertà accettando anche di dimezzare l'esercito. Ma tant'è:
avverte Travaglio. Che vede nemici della pace ovunque, in primis nei governi dei Paesi cosiddetti volenterosi che garantiscono a Kiev una posizione più forte al tavolo delle trattative, ma soprattutto in tutti quegli eurodeputati che finora hanno bocciato ogni compromesso:
Ha però tenuto a sottolineare. E già: loro, i due partiti putiniani italiani, sono salvi. Vanno d'amore e d'accordo quando c'è da fare la cosa giusta per zio Vladimir. E il suo Emilio Fede.
Travaglio, oggi, è intervenuto anche sulla telefonata intercorsa tra i due sherpa che stanno portando avanti le trattative per gli Usa e la Russia: Witkoff e Ushakov. Il primo ha invogliato il secondo a far dire a Putin delle cose ben precise. E da qui è nata una polemica internazionale.
Ma per il direttore del Fatto, nulla di strano lungo la linea Washington-Mosca:
si chiede Travagliov. Evidentemente, in trepidante attesa di stendere il tappeto rosso al suo Putin: la musica di sottofondo già ce l'ha.