Clima impazzito o dissesto idrogeologico? Bene, bravi, bis. Gli occhi e le orecchie degli abitanti del bel Paese sono tutti rivolti al meteo. In questi giorni bastano un paio di temporali, qualche precipitazione un po’ più abbondante del previsto, e l’Italia va in emergenza. Il problema, ci schieriamo subito a scanso di equivoci,  non è legato al maltempo. O almeno non solo. Lo scenario d’emergenza che ogni volta ci troviamo davanti, fatto di strade allagate, frane e voragini,  è figlio in primo luogo di scelte urbanistiche sbagliate.

Operazioni urbanistiche errate che hanno portato la lotta  al dissesto idrogeologico ad essere ormai la vera priorità per il nostro Paese. “Bisogna intervenire sulle città con urgenza,  non solo per ovviare alla progressiva diminuzione della loro capacità competitiva, ma anche per fronteggiare la vulnerabilità che queste evidenziano di fronte ai cambiamenti climatici’, ha affermato Gian Vito Graziano, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi ,  più volte chiamato in causa da vari mezzi di informazione per parlare di quanto è accaduto in queste ore in Italia .

‘L’eccessivo consumo di suolo naturale e la conseguente progressiva impermeabilizzazione dei suoli urbani – ha precisato Graziano –  sta esponendo a rischi sempre più gravi le aree urbanizzate nel frequente susseguirsi di eventi meteorologici severi e in alcuni casi estremi. Si tratta di criticità legate a scelte urbanistiche sbagliate, con riferimento soprattutto a quelle che interferiscono con il sistema idrogeologico superficiale, che evidenziano in tutta la sua gravità come il tema del territorio sia ancora considerato settoriale, se non persino marginale, rispetto alla pianificazione ordinaria. Risulta sin troppo evidente che non sono più idonei i paradigmi che stavano alla base dell’espansione e della trasformazione urbana, motivo per il quale si devono allora radicalmente cambiare le politiche per le città, secondo un approccio che non deve più mantenere separate le decisioni urbanistiche da quelle ambientali’.

‘Per  mettere in pratica una strategia di questo tipo occorre innanzitutto  naturalizzare nuovamente i sistemi idrografici, che nella maggior parte delle città italiane sono fortemente antropizzati – ha proseguito Graziano – incrementare la copertura vegetale degli spazi aperti urbani e  naturali presenti all’interno dei tessuti metropolitani e soprattutto contenere drasticamente il nuovo consumo di suolo. Bisogna riferirsi a un diverso modello di sviluppo e ad una diversa crescita rispetto al passato. C’è poi da rivedere il sistema delle reti dei servizi collocati nel sottosuolo. Si tratta insomma di rimettere in discussione ogni parte della città, valutando in termini di bilancio ambientale le risorse disponibili e quelle necessarie per una crescita che sia però sostenibile’.