Giuseppe Conte cambia marcia. Dopo mesi di dialogo con la sinistra del Partito Democratico, il leader del Movimento 5 Stelle si riposiziona e annuncia una svolta netta: più sicurezza per i cittadini e no alla patrimoniale.
Una mossa che spiazza Elly Schlein, lascia di stucco il Nazareno e rilancia l’ex premier come figura capace di parlare alla pancia e alla testa del Paese.
«Non servono nuove tasse, serve uno Stato che funzioni», ha detto Conte davanti ai suoi, archiviando definitivamente il progetto di una patrimoniale sui grandi patrimoni. Al suo posto, una narrazione che guarda ai problemi reali della gente: criminalità in aumento, degrado urbano, mancanza di sicurezza nelle città. Temi finora dominati dal centrodestra, ma che ora il M5S vuole riportare nel proprio campo.
Conte punta così a intercettare l’elettorato moderato e popolare, quello che non si riconosce più nei toni di Giorgia Meloni o nelle promesse mancate di Matteo Salvini. L’obiettivo è chiaro: tornare competitivo come alternativa di governo, con un profilo pragmatico e rassicurante.
Nel quartier generale del Pd la tensione è palpabile. Schlein, che si era spinta a sinistra per avvicinarsi ai grillini — basti pensare alla candidatura di Roberto Fico in Campania — si ritrova ora isolata. I moderati, i riformisti e i cattolici dem non nascondono il malcontento. «Abbiamo inseguito Conte, e adesso ci lascia a piedi», confida un deputato vicino all’area Bonaccini.
La segretaria prova a difendersi, ma l’immagine di un Pd trascinato da Conte a sinistra e poi abbandonato a metà strada rischia di essere devastante. Anche perché, mentre Schlein parla di redistribuzione e patrimoniale, l’ex premier parla di sicurezza, tasse e lavoro. In altre parole, parla alla gente.
A complicare il quadro, il sostegno di Maurizio Landini, impegnato a organizzare l’ennesimo sciopero generale (il 12 dicembre, di venerdì, come da tradizione). Una sinistra schiacciata su temi sindacali mentre Conte costruisce un linguaggio più ampio e popolare.
Dietro la svolta non c’è improvvisazione. Conte e il suo staff lavorano da settimane su un piano politico e comunicativo preciso: ridisegnare il Movimento 5 Stelle come forza del ceto medio, capace di parlare a chi ha paura di perdere lavoro, sicurezza e risparmi.
Meno ambientalismo militante, più concretezza economica. Meno slogan, più territorio.
Il messaggio è quello di un “avvocato del popolo” tornato a fare l’avvocato della normalità.
Secondo sondaggi interni, il M5S sarebbe risalito intorno al 18%, segnale che la nuova linea sta funzionando. E nei corridoi di Montecitorio in molti parlano già del suo vero obiettivo: tornare a Palazzo Chigi come candidato naturale del campo progressista, ma senza più subire la linea del Pd.
Mentre Schlein arranca, Conte guadagna terreno. I due si muovono in direzioni opposte: lei spinge su temi identitari e tasse sui ricchi; lui parla di sicurezza e taglio alla burocrazia. Il risultato è che, nel Paese reale, Conte appare moderato e affidabile, mentre la segretaria dem rischia di apparire ideologica e distante.
Il paradosso è servito: l’uomo che nel 2018 guidava il governo gialloverde, oggi veste i panni del leader pragmatico, popolare e trasversale.
Il nuovo “Giuseppi”, dicono i suoi, è pronto alla sfida: riconquistare la fiducia degli italiani parlando la lingua del buon senso.
E chissà che, tra una conferenza stampa e un nuovo slogan sulla sicurezza, non stia già preparando il passo successivo.
Perché, in fondo, il suo vero obiettivo non è mai cambiato: tornare a Palazzo Chigi.