11 Nov, 2025 - 13:49

Beni russi congelati restano un miraggio per l'Ucraina: Bruxelles inciampa nel proprio labirinto

Beni russi congelati restano un miraggio per l'Ucraina: Bruxelles inciampa nel proprio labirinto

La proposta dell’Unione Europea di utilizzare i beni russi congelati nel vecchio continente per finanziare un prestito a Kiev continua a incontrare ostacoli significativi. Il blocco resta determinato a garantire il sostegno finanziario all’Ucraina nel biennio 2026-2027. Tuttavia, la strada verso un accordo sull’impiego degli asset russi appare sempre più complessa.

Mentre alcuni paesi membri spingono per un utilizzo immediato dei fondi congelati, altri manifestano forti resistenze, temendo ripercussioni legali e diplomatiche.

L’opposizione del Belgio rallenta la strategia UE

Uno dei principali nodi riguarda il Belgio, dove la maggior parte di queste risorse è immobilizzata e dove persistono le preoccupazioni legali e finanziarie su come procedere. Il paese detiene gran parte dei fondi russi congelati, ovvero circa 140 milioni di euro, a Euroclear.

Il governo belga, pur non opponendosi categoricamente all’uso dei beni russi congelati per sostenere l’Ucraina, richiede una solida base giuridica e una ripartizione equa dei rischi finanziari tra tutti gli stati membri.

Le autorità belghe hanno espresso la necessità di esaminare ogni possibile modalità con rigorosa trasparenza.

Questa posizione fa da freno ad un’intesa rapida, alimentando timori che l’intero progetto possa restare bloccato, proprio mentre l’Ucraina ha urgente bisogno di risorse.

Le obiezioni della Slovacchia

Oltre alle posizioni del Belgio, anche la Slovacchia si è schierata nettamente contro le ipotesi di utilizzare gli asset russi congelati per un prestito militare a Kiev.

Il primo ministro slovacco, Robert Fico, in un'intervista rilasciata l'8 novembre 2025 all'emittente pubblica STVR, ha affermato che il suo paese si opporrà all'uso dei beni russi congelati per finanziare la difesa ucraina.

L’Ungheria mantiene una posizione rigida

Bruxelles dovrà quindi superare il veto di diversi paesi, incluso anche l'Ungheria. Il primo ministro ungherese, Viktor Orban, ha già espresso preoccupazioni sull'uso dei beni russi congelati per sostenere Kiev.

Budapest difende una posizione più cauta rispetto a quella auspicata da Bruxelles e da alcuni altri paesi membri. Secondo Orban, questa possibilità potrebbe precipitare in un’escalation tra Russia e Europa. L’Ungheria, dunque, si unisce alla Slovacchia nel frenare la proposta europea, complicando ulteriormente lo scenario.

Le alternative

Di fronte a questa impasse, l’Unione Europea sta valutando diverse opzioni per finanziare l'assistenza a Kiev. Tra queste c'è per esempio l'emissione di debito comune, che però comporterebbe costi elevati nei bilanci nazionali e, di conseguenza, sui cittadini europei sotto forma di maggiori tasse o altri oneri fiscali. 

Il mancato utilizzo dei beni russi congelati rappresenta quindi un ostacolo serio per garantire i fondi necessari a Kiev. Le tensioni politiche interne all’Unione europea, tuttavia, mostrano come il blocco europeo fatichi a trovare un terreno comune su una questione che ha implicazioni strategiche ben oltre il contesto finanziario.

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