08 Nov, 2025 - 11:52

DisUnione europea: il blocco dell'est contro Von der Leyen guarda a Mosca

DisUnione europea: il blocco dell'est contro Von der Leyen guarda a Mosca

L'alleanza fra Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca, che si è opposta apertamente alla linea della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, rappresenta solo l’ultimo sintomo della frammentazione ormai cronica all’interno dell’Unione Europea.

Dietro le retoriche di coesione, il progetto europeo appare sempre più incerto, incapace di fronteggiare le sue stesse contraddizioni e inefficienze.​

Il voto sulle mozioni di sfiducia contro Von der Leyen, respinte a fatica dall’Europarlamento, riflette chiaramente la debolezza politica e la perdita di consenso della leadership europea.

La presidente, accusata da sinistra e destra per una lunga serie di presunti errori, si è salvata solo grazie a una maggioranza ricompattata dalla paura di uno scontro frontale che avrebbe scoperchiato una crisi istituzionale strutturale.​

I veri fallimenti: industria, immigrazione, guerra e Green Deal

Le critiche al mandato Von der Leyen non sono solo frutto di tatticismi politici. Sotto la sua guida, la Commissione europea ha promosso politiche che hanno strangolato l’industria, lasciandola esposta alla concorrenza globale senza reali contromisure.

Il famigerato Green Deal viene ormai percepito da molti come una “follia verde” che penalizza le imprese europee e mina la competitività internazionale, il tutto senza risultati tangibili sull’ambiente.​

Sul fronte commerciale, l’accordo con gli Stati Uniti è stato bollato da diversi osservatori come un disastro: invece di negoziare da una posizione di forza, Bruxelles si è accontentata di condizioni imposte da Washington, cedendo su questioni strategiche e accettando dazi punitivi che pesano soprattutto sulle economie del Sud Europa.​

L’incapacità di arginare l’immigrazione illegale è un’altra macchia storica sulla reputazione della Commissione: le politiche di frontiera si sono rivelate inefficaci, mentre molti Stati membri, soprattutto quelli geograficamente più esposti, sono stati lasciati soli ad affrontare la pressione migratoria.​

Sul conflitto russo-ucraino, Von der Leyen ha scelto una linea interventista, riversando ingenti fondi nella guerra senza risultati tangibili.

La posizione ufficiale dell’Ue è apparsa troppo spesso come una mera ratifica delle strategie americane, rivelando una dipendenza istituzionale e militare che mette in discussione la stessa autonomia europea.​

Paradossi istituzionali e deficit di rappresentanza

Se c’è una questione che essempifica meglio di tutte la crisi dell’Ue, è quella del potere di veto e del meccanismo dell’unanimità.

Von der Leyen ha recentemente proposto di superare la regola dell’unanimità per facilitare decisioni rapide, ma questa soluzione non piace a molti, perché il veto è vista come l’ultima tutela delle specificità nazionali contro la burocratizzazione e l’omologazione forzata.

La vera paralisi, però, deriva dal fatto che ormai nessuna istituzione europea sembra capace di rappresentare realmente gli interessi dei cittadini: le politiche sono calate dall’alto, spesso incomprensibili e distanti dalle esigenze concrete dei membri.​

Le alleanze scettiche emergono proprio dalla percezione, diffusa oramai anche tra gli elettorati più moderati, che l’Unione sia diventata una macchina autoreferenziale, più attenta agli equilibri interni e a soddisfare le lobby piuttosto che ai bisogni reali dei popoli europei.​

Un progetto in crisi: quali prospettive?

I sondaggi non lasciano dubbi: il 60% dei cittadini europei intervistati chiede le dimissioni di Von der Leyen, mentre il 72% non ha fiducia nella capacità della Commissione di difendere gli interessi economici dell’Unione.

Le divisioni fra Stati, la mancanza di trasparenza, la gestione discutibile di temi come la sostenibilità, la difesa comune e la politica estera stanno erodendo giorno dopo giorno la credibilità del progetto europeo.​

Se il “blocco scettico” dovesse consolidarsi, sarebbe una risposta non solo a Von der Leyen, ma all’intero sistema Ue così com’è: paralizzato dai conflitti interni e incapace di dare risposte efficaci alle crisi contemporanee.

L’Europa ha davvero bisogno di un cambio di rotta, fuori dalle logiche consociative e dalle narrazioni autoreferenziali che hanno finora prodotto solo promesse e retorica.​

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