Sul fronte immobiliare le casistiche sono diverse: il passo dal possedere un immobile al rinunciare alla proprietà è breve, se il metro di misura è la volontà di liberarsi delle tasse su ruderi e terreni.
Non sono pochi i lettori che possiedono una casa isolata, un rudere fatiscente o un terreno incolto, per alcuni un vero e proprio incubo. Le domande che affliggono questi proprietari sono sempre le stesse: "Come posso liberarmi di una proprietà che mi genera solo costi?" oppure "Quanto costa rinunciare alla proprietà di un immobile?". La risposta a queste domande risiede in un istituto giuridico preciso, la rinuncia alla proprietà, reso oggi più accessibile e sicuro grazie a importanti chiarimenti giurisprudenziali.
La normativa di riferimento è l'articolo 1350, numero 5, del Codice Civile, che prevede la necessità di un atto pubblico per la rinuncia a diritti reali immobiliari. L'effetto di tale atto è il passaggio del bene al patrimonio dello Stato, come disciplinato dall'articolo 827 del Codice Civile.
Il più significativo aggiornamento in materia, come ben evidenziato da Il Sole 24 Ore e approfondito da portali specializzati come Diritto Bancario, è rappresentato da una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la n. 25465 del 28 agosto 2023. Questa pronuncia ha consolidato i criteri che portano alla rinuncia alla proprietà. Si tratta di un atto unilaterale pienamente legittimo, espressione del diritto del proprietario di disporre dei propri beni. Mentre in passato l'ammissibilità di tale atto era un problema oggetto di accesi dibattiti, oggi la giurisprudenza ha sciolto ogni remora, confermando che il proprietario può "abdicare" al suo diritto, liberandosi così da futuri oneri.
Un chiarimento, sottolineato anche da La Legge per Tutti, che ha spiegato come la giurisprudenza abbia reso di fatto più facile il percorso per i proprietari che si trovano a gestire immobili economicamente svantaggiosi, fuori mercato e su cui ricade il gravame della tassazione, come ad esempio IMU e TARI, ma soprattutto gli oneri legati alla manutenzione.
Come la maggior parte degli atti legati alla proprietà immobiliare, anche la rinuncia alla proprietà è un atto che necessita della formalizzazione notarile. In altre parole, non basta l’abbandono di fatto dell'immobile: per i proprietari che scelgono di non curarsi del proprio bene, resta attiva la responsabilità civile e fiscale. Il procedimento, come delineato dalla prassi notarile e confermato dalle fonti giuridiche, prevede diversi passaggi, tra cui:
incarico al notaio: il proprietario deve rivolgersi a un notaio per la redazione dell'atto di rinuncia (tecnicamente un "atto unilaterale abdicativo non recettizio");
stipula dell'atto pubblico: l'atto viene formalizzato alla presenza del notaio, che ne attesta la validità;
trascrizione nei registri immobiliari: il notaio provvede alla trascrizione dell'atto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari. Questo è un passaggio fondamentale, in quanto rende la rinuncia efficace nei confronti di terzi e sancisce il definitivo passaggio di proprietà allo Stato.
Una delle domande più frequenti riguarda i costi dell'operazione. Sebbene non si tratti di un'operazione gratuita, le spese sono spesso inferiori ai costi di mantenimento annuali di un immobile inutilizzato. In particolare, i costi da sostenere sono diversi, tra cui:
onorario del notaio: varia in base alla complessità dell'atto;
imposte fisse: si applicano l'imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa;
spese di trascrizione: necessarie per la pubblicità immobiliare.
In più, va detto che la rinuncia alla proprietà, essendo un atto prettamente a favore dello Stato, non è soggetta a imposta di donazione, un dettaglio fiscale di non poco conto.
Allo stesso tempo, va detto che uno degli aspetti principali su cui concordano la dottrina e la giurisprudenza è che la rinuncia ha efficacia ex nunc, ovvero dal momento della sua trascrizione.
Ciò significa che non ha effetto retroattivo e non cancella i debiti maturati negli anni precedenti alla rinuncia. Pertanto, la presenza di eventuali tasse IMU e TARI non regolarizzate nel tempo, così come altre passività legate all'immobile, restano attive, ma soprattutto a carico esclusivo del proprietario rinunciante. Tutto questo porta alla reale conclusione che la rinuncia non è uno strumento per sanare posizioni debitorie pregresse.
Cosa succede se abbandono un immobile senza un atto formale? L'abbandono di fatto non ha alcuna validità giuridica ai fini del trasferimento della proprietà. Il proprietario rimane responsabile per tutte le imposte e per eventuali danni che l'immobile potrebbe causare a terzi.
Lo Stato può rifiutare la proprietà dell'immobile? No. La sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione ha chiarito che l'acquisto da parte dello Stato è una conseguenza automatica della rinuncia e non necessita di un'accettazione.
Posso rinunciare alla mia quota di un immobile in comproprietà? Sì, è possibile rinunciare alla propria quota di comproprietà. In questo caso, la quota si accresce proporzionalmente a quelle degli altri comproprietari.