05 Jul, 2025 - 20:41

Qual è la storia vera di "Stranizza d'amuri"? Tutto sul delitto di Giarre che ha ispirato il film

Qual è la storia vera di "Stranizza d'amuri"? Tutto sul delitto di Giarre che ha ispirato il film

Il film Stranizza d’amuri, diretto da Beppe Fiorello, ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica una delle pagine più tragiche e dimenticate della storia italiana recente: il delitto di Giarre.

Dietro la pellicola, che racconta l’amore osteggiato di due adolescenti nella Sicilia degli anni Ottanta, si cela la vera storia di Giorgio Agatino Giammona e Antonio Galatola, vittime di un duplice omicidio che ha segnato per sempre la memoria collettiva e il movimento per i diritti LGBTQ+ in Italia.

"Stranizza d'amuri", la storia vera che ha ispirato il film

Siamo a Giarre, piccolo comune in provincia di Catania. È l’autunno del 1980, un periodo in cui l’omosessualità è ancora fortemente stigmatizzata, soprattutto nei piccoli centri del Sud Italia. Giorgio, 25 anni, e Antonio, 15, sono conosciuti in paese come “i ziti”, ovvero “i fidanzati”, un soprannome che cela al tempo stesso affetto e disprezzo.

Giorgio era dichiaratamente gay, tanto che a 16 anni era stato sorpreso dai carabinieri in auto con un altro ragazzo e denunciato: da allora, in paese, era chiamato con il termine dispregiativo “puppu ‘ccô bullu”, cioè “omosessuale con il timbro”.

La scomparsa e il ritrovamento

Il 17 ottobre 1980 Giorgio e Antonio scompaiono nel nulla. Inizialmente si pensa a una fuga volontaria, ma la realtà si rivela ben più drammatica.

Dopo due settimane di ricerche, il 31 ottobre 1980 i loro corpi vengono trovati da un pastore sotto un pino marittimo nella cosiddetta “Vigna del Principe”, in aperta campagna. Sono mano nella mano, uccisi da un colpo di pistola ciascuno alla testa.

Le indagini e l’omertà

Le indagini si scontrano subito con il muro di omertà del paese. Nessuno vuole essere associato all’omicidio di due ragazzi omosessuali.

Le prime ipotesi investigative parlano di doppio suicidio o di omicidio-suicidio: si pensa che Giorgio abbia ucciso Antonio e poi si sia tolto la vita, anche a causa di una lettera trovata nei pantaloni di uno dei due, in cui si chiede perdono alla madre e si parla di aver finalmente trovato la pace.

Tuttavia, la posizione dei corpi, la presenza di una pistola sepolta poco lontano e altri dettagli fanno presto scartare queste ipotesi. L’attenzione degli inquirenti si concentra allora su Francesco Messina, nipote tredicenne di Antonio.

Il ragazzino confessa di aver ucciso i due su loro richiesta, ma la sua versione appare subito poco credibile e viene ritrattata dopo pochi giorni. Francesco sostiene di essere stato indotto a confessare dai carabinieri, spaventato dall’idea che il nonno potesse essere arrestato se non si fosse assunto la responsabilità.

Un delitto irrisolto

Alla fine, nessun colpevole viene mai individuato. Il caso viene archiviato come “irrisolto”, lasciando dietro di sé solo sospetti e dolore.

La sensazione diffusa, mai provata in sede giudiziaria, è che i due ragazzi siano stati uccisi per il loro orientamento sessuale, forse su mandato delle famiglie o comunque con la complicità del clima di intolleranza e silenzio che regnava nel paese.

“Forse è più onesto dire che gli assassini furono centomila o quanti a Giarre costituivano il fulcro più conservatore della società, coloro che consideravano l’omosessualità una moda, un vizio, una malattia, qualcosa di tremendo”.

L’impatto sulla società italiana

Il delitto di Giarre ha avuto un impatto enorme sulla società italiana. La brutalità dell’omicidio e la giovane età delle vittime suscitarono una forte reazione nell’opinione pubblica e nella comunità LGBTQ+. Da questa tragedia nacque la cosiddetta “primavera gay siciliana”: per la prima volta, molti omosessuali scesero in piazza per protestare e chiedere diritti e rispetto.

L’episodio fu determinante per la nascita del primo circolo Arcigay in Italia, a Palermo, e per la formazione di un movimento organizzato per la difesa dei diritti delle persone LGBTQ+. Il delitto di Giarre è così diventato un simbolo della lotta contro l’omofobia e la violenza, un monito ancora oggi attuale.

Dal fatto di cronaca al cinema

Stranizza d’amuri prende ispirazione da questa vicenda, pur scegliendo di ambientare la storia nell’estate del 1982 e cambiando i nomi dei protagonisti in Gianni e Nino. Il film, però, mantiene intatto lo spirito di denuncia e memoria, restituendo dignità e voce a chi, per troppo tempo, è stato condannato al silenzio.

La storia vera di Giorgio e Antonio, “i ziti” di Giarre, non è solo un racconto di amore e morte, ma il punto di partenza di una battaglia civile che continua ancora oggi.

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