Prima il sì all'aumento, poi il passo indietro tempestivo tra mille polemiche da parte del centrosinistra e il disappunto del resto della maggioranza. Il leader della Lega, Matteo Salvini, non ha perso tempo e ha deciso di chiedere nel pomeriggio di ieri, 4 luglio 2025, il ritiro dell'emendamento sull'aumento dei pedaggi previsto per il dl Infrastrutture. È stato evitato così il rincaro estivo per gli italiani dal primo agosto, ma sarà necessario mettere in atto altre misure. L'emendamento sui pedaggi avrebbe consentito all'Anas di guadagnare più di 90 milioni.
Cosa c'è dietro a questa decisione? Alla base di tutto, come sempre, c'è la stabilità e la credibilità del governo Meloni. La presidente del Consiglio ha sempre detto di voler ridurre i costi per gli italiani a partire dalle tasse, considerate troppo alte e per molti insostenibili. La preoccupazione è che, per colpa dell'emendamento voluto dal Carroccio, la fiducia nei confronti dell'esecutivo nazionale potesse calare ancora. Già i recenti sondaggi mostrano un ripensamento degli italiani verso il governo Meloni.
Già negli scorsi giorni, la Lega è stata al centro di diverse polemiche in merito alla stabilità del governo. Il partito di Matteo Salvini, infatti, è entrato spesso in conflitto con quello di Antonio Tajani, Forza Italia, per via delle differenze di vedute.
Un pomeriggio di fuoco per il governo Meloni. Nella giornata di ieri, 4 luglio 2025, l'annuncio dell'emendamento voluto dalla Lega che avrebbe aumentato i costi dei pedaggi ha suscitato non pochi malumori nel centrosinistra e nella maggioranza di governo. L'emendamento al decreto Infrastrutture suggeriva infatti un aumento del canone annuo versato ad Anas, con un incremento di 1 millesimo di euro al chilometro per tutte le classi di pedaggio.
La misura avrebbe messo a disposizione dell'Anas circa 90 milioni di euro, ma sarebbe stata molto poco gradita dagli italiani che dal primo agosto partono per le vacanze. Le giornate da bollino nero si sarebbero tradotte in incremento per le casse della società per le infrastrutture, però avrebbe avuto un impatto sulle tasche dei cittadini.
Il risultato dell'emendamento? Tutti scontenti. Il centrosinistra ha attaccato la presidente del Consiglio ancora prima che lanciarsi contro il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini. Da Renzi fino a Schlein, la misura è stata contestata in lungo e in largo da tutto il centrosinistra. Nulla di strano fin qui, l'opposizione in genere contesta le misure del governo ritenendole svantaggiose.
Questa volta, contro l'emendamento si è schierato anche il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d'Italia. Gli esponenti di FdI si sono detti molto insoddisfatti della soluzione prevista per i pedaggi e solo qualche ora dopo l'annuncio, l'emendamento è stato ritirato.
Meglio non fare troppo rumore, soprattutto in vista di un periodo elettorale. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha preferito evitare ulteriori inutili tensioni nel governo nel giro di pochi giorni dalle diatribe con Forza Italia sul terzo mandato. Non sono mancate discussioni su due argomenti che dividono il partito azzurro dal Carroccio: da una parte, la Lega avrebbe voluto l'entrata in vigore del terzo mandato, dall'altra Forza Italia voleva sostegno sullo ius scholae.
La vicenda si è conclusa con la bocciatura del terzo mandato a Palazzo Madama e con la Lega che insiste sull'inutilità di una riforma per la cittadinanza. Nel giro di pochi mesi, a partire da settembre 2025, ci saranno le elezioni regionali. Inutile creare tensioni in un momento nel quale il centrodestra deve essere unito.