Nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978 Peppino Impastato, un giovane attivista siciliano, è stato brutalmente ucciso dalla mafia. È morto dopo essere stato colpito con un sasso, come hanno rivelato le indagini successivamente, e subito dopo il suo cadavere fu fatto esplodere con del tritolo sui binari della ferrovia Palermo-Trapani.
Quella di Peppino Impastato è una storia tragica e piena di coraggio, che, nonostante il passare del tempo, continua a ispirare moltissimi giovani e a infondere speranza nella società. Il nome del fondatore di Radio Aut, l’emittente siciliana che denunciava senza paura i crimini di Cosa Nostra, resterà per sempre scritto tra i libri di storia, come simbolo di lotta contro l’omertà.
Su Peppino è stato realizzato un film, nel 2000, intitolato I Cento Passi, un riferimento alla distanza che c’era tra la casa dell’attivista e quella del boss mafioso Badalamenti. Ecco il trailer ufficiale:
Giuseppe, detto Peppino, Impastato è stato ucciso il 9 maggio del 1978 per opera della mafia. Aveva solo 30 anni. La causa della morte del giovane attivista siciliano, come ha rivelato il medico legale, è stata provocata da un colpo in testa (con sun sasso, secondo le indagini). In seguito, il suo cadavere è stato posizionato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani e fatto esplodere con il tritolo.
Una tragica fine, macchiata dalle mani della mafia e ordita da un mandante, il boss Gaetano Badalamenti, arrestato e condannato all’ergastolo solo molto tempo dopo, nel 2002.
Inizialmente la malavita aveva distolto le tracce della sua colpevolezza, spingendo l’opinione pubblica a credere che si trattasse prima di un caso di suicidio (in seguito a una misteriosa lettera ricevuta da Impastato) e poi di un episodio di terrorismo, dato che Peppino Impastato apparteneva alla Sinistra.
Poi si è scoperto che né le ipotesi della morte volontaria né quella legata a motivi politici fossero quelle giuste. L’omicidio rimase un mistero per diverso tempo, complice il fatto che in quei giorni l’Italia intera era rimasta sconvolta per l’assassinio di Aldo Moro.
A Cinisi una manifestazione ha ricordato Peppino Impastato, il militante di Democrazia Proletaria assassinato da Cosa nostra 45 anni fa, ripercorrendo i cento passi che separavano la casa della sua famiglia da quella del capomafia Badalamenti pic.twitter.com/VQGETTsrnW
— Tg3 (@Tg3web) May 9, 2023
Nato il 5 gennaio 1948 a Cinisi, Peppino Impastato è cresciuto in una famiglia legata alla mafia: il padre Luigi - dal quale prese le distanze - era infatti in rapporti stretti con il boss Badalamenti.
La madre di Peppino invece, Felicia Bartolotta, è diventata una figura chiave nella lotta alla malavita e nella salvaguardia del coraggioso operato del figlio. Grazie alla sua grade forza d’animo, insieme a quella del fratello di Peppino, Giovanni, alla fine è riuscita ad ottenere giustizia sulla tragica vicenda.
Fin da piccolo Peppino non andava d’accordo con suo padre: mostrava una forte indifferenza per il potere della mafia e gli effetti che aveva sulla gente di Cinisi. L’indole di lottare contro l’ingiustizia del giovane Impastato è esplosa quando aveva quindici anni, dopo la morte dello zio, assassinato da Cosa Nostra.
Da lì l’attivista si distaccò completamente dalle radici della sua famiglia. Peppino si impegnò prima nel movimento studentesco, poi nei gruppi marxisti, fino a quando creò Radio Aut, l’emittente con cui ufficializzò la sua battaglia contro il potere mafioso che controllava il suo paese.
Peppino Impastato è il fondatore di Radio Aut, una radio libera e autogestita che divenne una sorta di megafono per denunciare le attività della mafia a Cinisi e i legami con la politica e affari.
Il giovane attivista ha iniziato pian piano a denunciare non solo il boss di Cosa Nostra e i suoi scagnozzi, ma anche la corruzione che serpeggiava tra le istituzioni, tra traffici di droga e speculazioni edilizie per l’aeroporto di Punta Raisi. Un’impresa eroica, coraggiosa, che alla fine gli è costata la vita.
Nel suo celebre programma di satira, Onda Pazza, Peppino derideva i mafiosi e si prendeva gioco proprio del boss Tano Badalamenti, senza paura. La reazione della comunità nei confronti del suo operato all’inizio fu impietosa. In tanti, spaventati per le ripercussioni, e altri invece corrotti, non lo salutavano più per le strade, avevano tagliato i rapporti, fino a quando non è rimasto isolato, dimenticato e abbandonato dalle istituzioni che invece avrebbero dovuto proteggerlo.
Peppino aveva deciso trasportare la sua lotta anche sul fronte politico: alle elezioni comunali di Cinisi del 1978 si era candidato con il partito di Democrazia Proletaria. Purtroppo non ha mai visto il risultato, dato che è stato assassinato cinque giorni prima del voto. I suoi concittadini, per omaggiare la memoria e il coraggio di Impastato, lo hanno eletto postumo.