A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, il caso di Garlasco continua a far discutere l’opinione pubblica e a impegnare gli inquirenti in nuove indagini. Le ultime novità, emerse dall’incidente probatorio in corso, riguardano le impronte digitali repertate nella villetta di via Pascoli: le analisi più recenti hanno stabilito che sulle impronte non è stato possibile estrarre Dna utile per le comparazioni genetiche. Questo elemento rappresenta un punto di svolta nelle indagini che vedono indagato Andrea Sempio, amico del fratello della vittima.
Le impronte, conservate per anni su fogli di acetato, erano considerate tra i reperti chiave per cercare di chiarire la presenza e il ruolo di eventuali sospetti sulla scena del crimine. In particolare, la cosiddetta “traccia 10”, impressa sulla parte interna della porta d’ingresso, era stata ritenuta dagli investigatori significativa solo se fosse risultata “impressa nel sangue”, ipotesi che avrebbe potuto collegarla direttamente all’assassino. Tuttavia, le analisi ematiche hanno escluso la presenza di sangue sulla traccia e il materiale genetico recuperato si è rivelato insufficiente per qualsiasi confronto.
La situazione è simile per tutte le altre impronte repertate: nessuna ha restituito Dna utile, complice anche il deterioramento dei reperti dovuto al tempo trascorso e alle modalità di conservazione. In totale, sono circa sessanta le impronte analizzate, ma nessuna ha permesso di risalire con certezza a un profilo genetico diverso da quelli già noti.
Per Andrea Sempio, indagato per omicidio in concorso, questa novità rappresenta un elemento favorevole. L’assenza di Dna sulle impronte riduce drasticamente il peso indiziario di questi reperti a suo carico. La cosiddetta “impronta 10” non è attribuibile né a lui né ad Alberto Stasi, l’ex fidanzato di Chiara Poggi già condannato in via definitiva per il delitto. Inoltre, anche i reperti raccolti nella spazzatura della casa – mai analizzati prima – hanno restituito solo tracce genetiche riconducibili a Chiara Poggi o ad Alberto Stasi, e nessuna a Sempio.
Rimane in piedi la questione dell’“impronta 33”, una traccia palmare trovata sul muro delle scale vicino al corpo della vittima, che secondo una consulenza dei pm sarebbe di Sempio. Tuttavia, anche in questo caso, la prova genetica non è stata giudicata determinante: il campione è stato rimosso già nel 2007 e non è più disponibile per nuove analisi. La difesa di Sempio, inoltre, sottolinea come le analisi svolte finora siano state esclusivamente genetiche e non dattiloscopiche, e che la presenza di una sua impronta in casa Poggi non dimostri necessariamente un coinvolgimento diretto nell’omicidio.
Il confronto tra le parti proseguirà nei prossimi giorni, con un nuovo appuntamento fissato per il 4 luglio nei laboratori della Polizia Scientifica. In questa occasione, i periti nominati dalla giudice di Pavia e i consulenti delle parti – tra cui quelli della famiglia Poggi, di Sempio e di Stasi – discuteranno gli ultimi risultati e valuteranno eventuali ulteriori accertamenti. Restano da analizzare ancora alcuni fogli di acetato, ma le aspettative sono basse: la possibilità di trovare materiale genetico utile appare ormai remota.
Il caso di Garlasco, dunque, resta avvolto nell’incertezza. L’assenza di Dna sulle impronte digitali e la mancanza di sangue sulle tracce considerate più significative complicano ulteriormente il quadro accusatorio nei confronti di Andrea Sempio. Al momento, gli unici elementi a suo carico restano alcune incongruenze nelle sue dichiarazioni e la presenza di una sua impronta palmare sulla scena, ma senza il supporto di prove genetiche dirette.
Mentre la famiglia di Chiara Poggi continua a chiedere silenzio e rispetto, il lavoro degli inquirenti prosegue tra mille difficoltà, nella speranza che la scienza forense possa ancora offrire qualche risposta definitiva a uno dei casi più discussi della cronaca italiana recente.