30 Jun, 2025 - 14:22

L'Ucraina abbandona la Convenzione sulle mine antiuomo: cosa c'è dietro la decisione di Zelensky

L'Ucraina abbandona la Convenzione sulle mine antiuomo: cosa c'è dietro la decisione di Zelensky

La guerra in Ucraina continua a plasmare non solo gli equilibri militari sul campo, ma anche le scelte strategiche e diplomatiche dei paesi coinvolti. In questo contesto, la recente decisione del presidente Volodymyr Zelensky di avviare il ritiro dell'Ucraina dalla Convenzione di Ottawa segna una svolta significativa.

Zelensky ordina il ritiro dalla Convenzione di Ottawa

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha firmato il 29 giugno un decreto per ritirare il suo paese dalla Convenzione di Ottawa che vieta le mine antiuomo.

In una dichiarazione, Zelensky ha giustificato la decisione affermando che la Russia non ha mai aderito al trattato e “utilizza le mine antiuomo con estremo cinismo. E non solo ora, nella guerra contro l’Ucraina”.

La decisione politica arriva come risposta agli sviluppi della guerra, che prosegue da oltre tre anni. I sostenitori della scelta affermano che il ritiro aumenterà la capacità dell’Ucraina di difendere il proprio territorio.

Tuttavia, il decreto presidenziale dovrà ancora essere discusso e approvato dal parlamento ucraino prima che il ritiro diventi ufficiale.

La Convenzione di Ottawa, siglata nel 1997 e alla quale hanno aderito 165 nazioni, proibisce l’impiego, la fabbricazione, lo stoccaggio e la distribuzione delle mine antiuomo, con l’obiettivo di salvaguardare i civili dai pericoli degli ordigni inesplosi che continuano a causare vittime anche molti anni dopo la fine dei conflitti.

L’impatto delle mine antiuomo nel conflitto 

L’Ucraina ha firmato il trattato nel 1999 e vi ha aderito ufficialmente nel 2005. Come parte di questo impegno, il paese ha distrutto grandi quantità di mine in suo possesso, conservandone solo una piccola parte per scopi di addestramento.

Human Rights Watch ha riferito che le forze russe hanno utilizzato più di una dozzina di tipi di mine antiuomo dall’inizio del conflitto in Ucraina nel febbraio 2022. Queste mine non rappresentano un rischio solo per i militari ma sono particolarmente pericolose per i civili.

Secondo HRW, le mine minacciano la sicurezza della popolazione locale, hanno causato numerose vittime civili e contaminato terreni agricoli, rendendo difficoltosa la coltivazione. Inoltre, spingono i residenti a lasciare le proprie abitazioni e impediscono ad altri di tornare nei propri territori.

Alcune mine sarebbero state piazzate manualmente, altre lanciate tramite droni.

Questo deterioramento delle condizioni sul campo spinge non solo l’Ucraina ma anche altri paesi vicini a rivedere le proprie strategie difensive. Infatti, la questione legata alla Convenzione di Ottawa va oltre il conflitto tra Russia e Ucraina, toccando la sicurezza del continente europeo in un contesto sempre più instabile.

Il ritiro di altri paesi dalla Convenzione

L’iniziativa del leader ucraino segue la linea intrapresa da altri paesi dell’Europa orientale, che negli ultimi mesi hanno avviato un processo simile.

All’inizio del 2025, i legislatori di Estonia, Lettonia, Lituania e Finlandia hanno votato per abbandonare la Convenzione. Più recentemente, nel mese di giugno, anche il parlamento polacco ha approvato una decisione analoga.

Queste nazioni, preoccupate per un’eventuale aggressione russa, hanno deciso di dotarsi di strumenti ritenuti necessari per rafforzare la propria difesa, anche a costo di abbandonare un trattato pensato per limitare gli effetti più disumani della guerra.

Il ritorno delle mine antiuomo nel dibattito strategico dell’Europa orientale segna un cambiamento profondo nella percezione della sicurezza.

La decisione dell’Ucraina di abbandonare la Convenzione di Ottawa rappresenta una scelta drammatica ma non isolata. Mentre la guerra tra Russia e Ucraina continua a ridefinire le priorità di sicurezza, cresce il numero dei paesi pronti a sacrificare principi di protezione umanitaria in nome della difesa nazionale.

È un segnale allarmante: da un lato, evidenzia quanto siano gravi le minacce percepite; dall’altro, solleva preoccupazioni sul destino dei civili, dei territori contaminati e dei valori condivisi che per anni hanno guidato gli accordi internazionali sul disarmo.

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