L’ipotesi che Dennis Villeneuve possa dirigere il prossimo film di James Bond ormai è questi una certezza e sta accendendo il dibattito tra fan e addetti ai lavori.
Regista di film visivamente imponenti e narrativamente ambiziosi come Dune, Blade Runner 2049 e Arrival, Villeneuve porta con sé una cifra stilistica potente, fatta di atmosfere rarefatte, riflessione e tensione psicologica.
Ma saranno le qualità giuste per rilanciare l’agente segreto più famoso del cinema? Scendiamo nei dettagli.
La lista dei registi che hanno sognato di dirigere un film di James Bond e sono stati respinti è lunga e illustre: Steven Spielberg, Christopher Nolan, Quentin Tarantino.
Per decenni, ottenere le chiavi dell'Aston Martin è stato uno degli incarichi più ambiti e inaccessibili di Hollywood. Per questo, l'annuncio che Denis Villeneuve dirigerà il 26° capitolo della saga, il primo sotto l'egida di Amazon, è una notizia che fa tremare l'industria cinematografica. Ma è la scelta giusta?
Sulla carta, i segnali positivi sono davvero tanti. Il regista franco-canadese ha subito dichiarato il suo amore per il franchise, definendolo un "territorio sacro" da onorare.
D'altronde lui ha già dimostrato di avere un tocco magico nel resuscitare proprietà intellettuali iconiche, trasformando classici di culto in opere epiche e maestose. Prima di reinventare Dune in un'opera di sabbia e spezia, ha dato nuova vita a Blade Runner con un sequel ipnotico e visivamente sbalorditivo.
È facile dunque immaginare cosa potrebbe fare con 007: un banchetto per gli occhi, fatto di location esotiche e sequenze d'azione trasformate in cupi e magnifici balletti. Un inseguimento in auto potrebbe diventare una lenta discesa nella nebbia e nel terrore esistenziale. Emozionante, senza dubbio.
Ci sono dei campanelli d'allarme, e non possono essere ignorati. Il più grande? Il cinema di Villeneuve è noto per la sua solennità quasi religiosa, un'assenza totale di leggerezza che potrebbe rivelarsi un tallone d'Achille fatale.
Il DNA di James Bond è da sempre una doppia elica che intreccia azione e arguzia, pericolo e ironia. Quando questo equilibrio si spezza, i risultati sono disastrosi.
Il Bond di Daniel Craig era così cupo da sfiorare l'autodistruzione; quello di Roger Moore, all'estremo opposto, si è letteralmente trasformato in un pagliaccio in Octopussy.
Senza quel pizzico di malizia e di consapevolezza, Bond perde la sua anima. Diventa semplicemente un altro Jason Bourne con l'accento britannico.
Un altro potenziale ostacolo è la questione del controllo. Villeneuve è un autore con una visione precisa, abituato ad avere il controllo creativo totale, il cosiddetto "final cut".
Un privilegio mai concesso a nessun regista nella storia di 007. I produttori della saga, prima i Broccoli e ora i nuovi incaricati da Amazon, sono famosi per la loro microgestione quasi dittatoriale.
È proprio questo scontro, sempre accaduto, che in passato ha allontanato registi di primo piano e ha spinto Danny Boyle ad abbandonare il set di No Time to Die. I film di Bond, di solito, non sono diretti da autori intransigenti, ma da artigiani affidabili e flessibili che sanno rispettare le scadenze e non fanno capricci in sala montaggio.
Villeneuve è uno di questi? Difficile a dirsi.
Nominare lui alla dichiarazione è una dichiarazione d'intenti audace, un tentativo di elevare il franchise a un nuovo livello artistico. Ma il rischio è che, nel processo, perda la sua essenza più divertente e scanzonata. Staremo a vedere, restiamo in attesa di ulteriori aggiornamenti.