La storia di Mario Maccione è una delle pagine più oscure e discusse della cronaca nera italiana degli ultimi decenni. Soprannominato “Ferocity”, Maccione è stato il più giovane membro del gruppo delle Bestie di Satana, una setta satanista attiva nella provincia di Varese tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, responsabile di alcuni tra i più efferati omicidi e suicidi indotti della storia recente del Paese. Oggi, dopo aver scontato la sua condanna, Mario Maccione cerca di ricostruirsi una vita lontano dal clamore mediatico, ma la sua figura continua a suscitare polemiche e dibattiti.
Mario Maccione oggi ha 43 anni. Cresciuto nella provincia di Varese, fu coinvolto giovanissimo nella spirale di violenza e autosuggestione che portò alla nascita delle Bestie di Satana. Il suo soprannome, “Ferocity”, rifletteva la sua reputazione all’interno del gruppo: era considerato il “medium”, colui che durante le sedute spiritiche cadeva in trance e diceva di comunicare con forze demoniache e soprannaturali. Questa figura carismatica, unita alla sua giovane età, gli conferì un ruolo centrale all’interno della setta, soprattutto nei rituali e nelle dinamiche di gruppo.
La vita privata di Mario Maccione è stata segnata profondamente dagli eventi legati al suo coinvolgimento nelle Bestie di Satana. Durante la detenzione, ha avuto modo di riflettere sul suo passato, di studiare e di intraprendere un percorso di riabilitazione che lo ha portato a maturare una consapevolezza diversa rispetto agli anni della violenza e dell’odio.
Oggi vive in provincia di Sassari, in Sardegna, insieme alla sua prima fidanzata, che lo ha ricontattato durante la detenzione e gli ha dato fiducia nel momento più difficile della sua vita. Questo rapporto rappresenta per Maccione un punto di svolta, un’ancora di salvezza che lo ha aiutato a uscire dall’isolamento e a reinserirsi nella società.
Oggi Mario Maccione vive una vita apparentemente tranquilla, lontano dai riflettori e dalle polemiche che hanno accompagnato la sua storia. Negli ultimi anni, ha deciso di mettere a disposizione la sua esperienza per aiutare chi si trova in difficoltà, aprendo uno sportello di ascolto virtuale a pagamento per offrire supporto a persone che vivono ansia, stress, depressione o attacchi di panico.
Maccione ha spiegato di non volersi sostituire a un professionista, ma di sentirsi in grado di aiutare chi attraversa situazioni simili a quelle che lui stesso ha vissuto. «Non sono laureato e non voglio sostituirmi a uno psicologo, ma sento di poter offrire un aiuto concreto grazie alle esperienze che ho attraversato», ha dichiarato in diverse interviste. Lo sportello, inizialmente lanciato sui social, prevede colloqui individuali e dirette di dieci minuti al costo di cinque euro, con la possibilità di prenotarsi per parlare con lui.
Questa iniziativa ha suscitato forti polemiche, soprattutto tra i familiari delle vittime delle Bestie di Satana, che l’hanno definita “assurda” e “pericolosa”, accusando Maccione di voler lucrare sul dolore altrui.
Nonostante le critiche, Maccione prosegue nel suo percorso di reinserimento, dedicandosi alla musica, alla scrittura e alla meditazione, cercando di lasciarsi alle spalle il peso del passato e di offrire un esempio positivo di cambiamento e resilienza
Le Bestie di Satana sono state protagoniste di uno dei casi criminali più scioccanti della storia italiana recente. Il gruppo, composto da giovani appassionati di musica metal e simboli esoterici, si riuniva per rituali satanici, spesso sotto l’effetto di droghe, e si rendeva responsabile di atti di estrema violenza verso chi veniva ritenuto “traditore” o “debole”.
Mario Maccione era presente la notte del 17 gennaio 1998, quando Fabio Tollis e Chiara Marino, due membri del gruppo, furono attirati in un bosco di Somma Lombardo e brutalmente uccisi. Secondo le testimonianze processuali, Maccione avrebbe colpito Fabio con un martello, mentre gli altri membri avrebbero completato l’omicidio con armi da taglio e corpi contundenti, sgozzando poi entrambi i ragazzi nella fossa dove erano stati gettati. L’episodio fu solo uno dei tanti che caratterizzarono la parabola criminale della setta, responsabile anche dell’omicidio di Mariangela Pezzotta e dell’istigazione al suicidio di Andrea Bontade.
Maccione fu condannato a 19 anni di carcere per il suo coinvolgimento negli omicidi, scontandone 13 e mezzo tra indulto e buona condotta. La sua condanna fu relativamente “mite” rispetto a quelle degli altri membri, anche perché all’epoca dei fatti era minorenne e aveva scelto il rito abbreviato.