A Washington si chiude un breve ma intenso capitolo. Elon Musk, figura centrale dell’innovazione tecnologica e ormai presenza ricorrente sulla scena politica, ha lasciato ufficialmente il suo incarico alla guida del DOGE, il Dipartimento per l’Efficienza del Governo, creato dall’amministrazione Trump per attuare una drastica riduzione della spesa pubblica. La sua uscita arriva in un clima di tensioni, smentite e polemiche, mentre crescono le domande sulle vere ragioni del suo addio e sul futuro del dipartimento da lui inaugurato.
Finisce il capitolo DOGE per Elon Musk. Il magnate delle Big Tech è diventato il capo dei tagli al governo federale con l'insediamento di Donald Trump il 20 gennaio. Il Dipartimento per l’Efficienza del Governo, in pochi mesi dalla sua fondazione, ha tagliato migliaia di posti di lavoro e ha mirato a chiudere diverse agenzie federali, con l’obiettivo di snellire la macchina statale.
Dopo quattro mesi, Elon Musk ha annunciato in un post su X che il suo impegno al DOGE è arrivato al capolinea. Il miliardario ha ringraziato anche il presidente Trump "per l'opportunità di ridurre gli sprechi".
As my scheduled time as a Special Government Employee comes to an end, I would like to thank President @realDonaldTrump for the opportunity to reduce wasteful spending.
— Elon Musk (@elonmusk) May 29, 2025
The @DOGE mission will only strengthen over time as it becomes a way of life throughout the government.
Un breve periodo di tempo incentrato sulla riduzione delle dimensioni del governo federale che è stato segnato da numerose critiche. Questi mesi hanno coinciso con il crollo delle vendite di Tesla, diminuite del 13 per cento all'inizio del 2025. Le azioni, invece, sono scese fino al 45 per cento, per poi iniziare a riprendersi gradualmente.
Le polemiche sul suo ritiro dalla guida dei tagli, quindi, erano già accese. In un articolo del 2 aprile, Politico aveva rivelato che Trump avrebbe confidato alla sua cerchia ristretta che Musk avrebbe abbandonato presto il suo ruolo. Il quotidiano statunitense indicava dunque una possibile insoddisfazione del presidente nei confronti dell’operato di Musk.
Un raffreddamento nei loro rapporti era già stato “smentito” dal vicepresidente JD Vance, che aveva definito il ruolo del miliardario “temporaneo” e sottolineato che “rimarrà un amico e un consigliere sia per me che per il presidente”.
Nel mezzo delle polemiche, Musk aveva già annunciato che si sarebbe dedicato nuovamente ai suoi impegni nel settore tecnologico.
In un suo recente post, il miliardario non ha indicato una data precisa per la fine del suo incarico al DOGE. Il limite massimo di giorni lavorativi per gli “impiegati governativi speciali” è fissato a 130 giorni all’anno. Se il suo incarico è effettivamente iniziato il 20 gennaio, giorno dell’insediamento di Trump, il limite verrebbe raggiunto venerdì 30 maggio.
Non si fermano però le speculazioni sulle reali ragioni dell’uscita di Musk da Washington, soprattutto perché la sua partenza arriva subito dopo le critiche rivolte al disegno di legge di bilancio dell’amministrazione. Il miliardario ha espresso forti preoccupazioni per la proposta, che prevede ingenti sgravi fiscali e un aumento della spesa militare, misure che potrebbero rischiare di far esplodere il deficit nazionale e vanificare gli sforzi di contenimento del Dipartimento.
Anche se Musk ha lasciato l’amministrazione Trump, il capitolo dei tagli non è affatto chiuso. Il lavoro del Dipartimento per l’efficienza del governo continuerà, anche senza la guida del magnate.
All’inizio, Musk mirava a tagliare 2.000 miliardi di dollari dalla spesa federale ma l’obiettivo è stato progressivamente ridotto a 150 miliardi.
Durante la sua gestione, circa 260mila posti di lavoro civili sono stati eliminati. Alcuni di questi licenziamenti, però, sono stati bloccati dai tribunali federali, che hanno ordinato la reintegrazione di lavoratori considerati licenziati senza giusta causa.
Ora resta da capire quali saranno gli obiettivi e le mosse della nuova direzione del DOGE nella fase post-Musk. Chi prenderà il suo posto e con quale approccio lo farà resta ancora da definire. Quel che è certo è che l’eredità di Musk, fatta di numeri taglienti e frizioni politiche, continuerà a far discutere a lungo.