La morte di Papa Francesco, avvenuta il 21 aprile 2025, ha aperto un nuovo capitolo nella storia delle esequie papali. Il mondo cattolico e non solo si è raccolto per l’ultimo saluto a Jorge Mario Bergoglio, mentre in Vaticano si sono attivate le procedure tradizionali e innovative per la conservazione temporanea della sua salma.
Ma come viene effettivamente preparato il corpo di un pontefice per l’esposizione pubblica? E quali sono le differenze rispetto al passato?
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il corpo di Papa Francesco non è stato sottoposto a una vera e propria imbalsamazione, intesa come trattamento volto a preservare la salma per l’eternità. La Chiesa cattolica, infatti, ha da tempo abbandonato le pratiche invasive che prevedevano la rimozione degli organi interni e l’uso massiccio di sostanze chimiche, preferendo una tecnica più rispettosa e temporanea: la tanatoprassi.
La tanatoprassi è una procedura igienico-conservativa che consente di rallentare i processi naturali di decomposizione, mantenendo l’aspetto sereno e dignitoso del defunto per il tempo necessario all’esposizione pubblica e ai riti funebri. Si tratta di una sorta di “imbalsamazione leggera”, che permette ai fedeli di rendere omaggio al pontefice senza traumi visivi e senza alterare la dignità della persona.
Il trattamento della salma di Papa Francesco è stato eseguito nelle ore immediatamente successive al decesso, secondo protocolli rigorosi e nel rispetto delle normative italiane e vaticane. Ecco i principali passaggi della procedura:
La tanatoprassi non mira a una conservazione permanente. Il trattamento consente di preservare la salma in condizioni ottimali per circa due settimane, sufficienti per l’esposizione pubblica e le celebrazioni funebri.
Dopo questo periodo, i naturali effetti del tempo riprendono il loro corso. Un aspetto interessante della tanatoprassi è che accelera la trasformazione in polvere dei resti, che avviene in circa dieci anni, contro i 40-80 anni necessari per una salma non trattata.
La scelta della tanatoprassi è motivata non solo da esigenze pratiche, ma anche da una profonda attenzione alla dignità umana. Papa Francesco, fedele al suo stile sobrio, aveva espressamente richiesto funerali semplici e una sepoltura senza sfarzi.
Ha voluto essere esposto ai fedeli non su un catafalco, ma all’interno della bara aperta, eliminando la tappa intermedia della camera ardente nel Palazzo Apostolico.
Questa scelta segna una svolta rispetto al passato e sottolinea il desiderio di Bergoglio di essere ricordato come “uno come gli altri”, rifiutando ogni forma di spettacolarizzazione anche nell’ultimo saluto.
La tanatoprassi moderna nasce anche dall’esperienza di errori clamorosi nella storia vaticana. Emblematico è il caso di Papa Pio XII, la cui imbalsamazione nel 1958 fu affidata a un medico che applicò una tecnica sperimentale e inadeguata.
Il risultato fu una decomposizione accelerata e una vera e propria “esplosione” della salma durante il trasporto, con grande imbarazzo per la Chiesa e un cambio radicale delle procedure post-mortem.
Da allora, il Vaticano si è affidato a professionisti certificati e a protocolli scientificamente validati, scegliendo la tanatoprassi come via più sicura e rispettosa per la conservazione temporanea dei corpi papali.