Emmanuel Macron ha deciso di vestire i panni di un novello Petrarca, sospeso tra il desiderio di un’Europa forte e indipendente e la consapevolezza che, senza l’ombrello statunitense, il Vecchio Continente potrebbe ritrovarsi sotto la pioggia battente della geopolitica mondiale. "Pace non trovo e non ho da far guerra" scriveva Petrarca nel "Canzoniere", ovvero "Non ho pace e tuttavia non ho mezzi per combattere".
Sembra proprio questo il significato del discorso di ieri di Macron. Il presidente francese infatti invita l’Europa a svegliarsi dal torpore e a diventare una potenza militare unitaria. Ma pare non rendersi conto che l'UE è un'unione soltanto a livello monetario e non riesce a mettersi d'accordo su nulla, minata sempre di più dall'avanzata dei partiti nazionalisti che strizzano l'occhio agli autocrati Putin e Trump, gli stessi da cui Macron vorrebbe difendersi.
Macron ha aperto il suo discorso con un’ammissione lapidaria: "La nostra prosperità e sicurezza sono diventate più incerte". Tradotto dal linguaggio diplomatico, significa: "Signori, siamo nei guai". Con gli Stati Uniti di Trump diventati ormai uno Stato-gangster più che uno Stato-gendarme, e con una Russia che si riarma come se il 2030 fosse l’anno di una nuova Guerra Fredda, il presidente francese si chiede retoricamente: "Chi può credere che la Russia si fermerà all'Ucraina?".
E la minaccia russa non è solo militare: "Mosca ha mobilitato soldati nordcoreani ed equipaggiamento iraniano, viola i nostri confini per assassinare gli oppositori, manipola le elezioni in Romania e Moldavia", ha detto il presidente francese. "Un’aggressività che non sembra conoscere frontiere." Eppure, mentre la Russia continua a riarmarsi con cifre da capogiro, l’Europa fatica ancora a trovare una direzione chiara sulla propria difesa.
Se c’è una cosa che non manca a Macron, è la retorica. "Restare spettatori sarebbe una follia", ha dichiarato solennemente, lasciando intendere che la Francia, almeno a parole, è pronta a prendersi le proprie responsabilità. Ma è qui che sorge il paradosso: come può l’Europa smettere di essere spettatrice quando ancora fatica a mettersi d’accordo persino sugli standard delle prese elettriche? La difesa comune europea, cavallo di battaglia di Macron, sembra ancora un’utopia. O meglio, un esercizio di equilibrismo tra il non voler dipendere dagli Stati Uniti e il non voler realmente mettersi in gioco.
L’idea di un summit europeo militare a Parigi la prossima settimana è l’ennesima dimostrazione di questo eterno ondeggiare tra la volontà di contare e la realtà delle cose. "Dobbiamo garantire il rispetto della pace una volta firmata", afferma Macron. Parole nobili, ma con quali mezzi? I carri armati che i Paesi europei stanno faticosamente inviando all’Ucraina basteranno a tenere a bada la minaccia russa? O si tratta più che altro di un esercizio di diplomazia muscolare per non ammettere che, senza Washington, l’Europa resta politicamente grande, ma militarmente insignificante?
Ma la vera chicca del discorso di Macron è l’offerta dell’ombrello nucleare francese agli alleati europei. Traduzione: "Se gli Stati Uniti si stufano di proteggerci, possiamo sempre contare sulla Francia". È un po’ come se il vicino di casa vi offrisse di dividere il suo ombrello durante un temporale, senza però garantirvi che reggerà al vento.
La Francia, infatti, pur vantando una delle forze nucleari più avanzate d’Europa, non può certo competere con l’imponente arsenale statunitense. E se l’ombrello francese si rivelasse più un ombrellino da cocktail che un vero scudo strategico? La questione resta aperta. Certo è che Macron ha il merito di porre un problema reale: l’Europa non può più vivere nell’illusione che qualcun altro si occuperà della sua sicurezza.
Macron lo sa bene, tanto che nel suo discorso ha ricordato come "attraverso le due leggi di programmazione militare, in dieci anni la Francia avrà raddoppiato il bilancio per le sue forze armate". Un dettaglio interessante, ma resta da vedere se basterà a trasformare l’Europa in una potenza militare autonoma.
Alla fine, Macron ci regala un déjà-vu: il solito discorso sulla necessità di un’Europa più forte, più indipendente, più unita. Sembra di riascoltare le parole di tanti leader prima di lui, che hanno predicato bene e razzolato male. Nel frattempo, la Russia continua a muovere le sue pedine sulla scacchiera, gli Stati Uniti si interrogano se valga ancora la pena proteggere l’Europa, e la Francia, tra un summit e l’altro, cerca di vendere la sua idea di difesa comune.
La realtà è che l’Europa è ancora lontana dall’essere una potenza militare coesa. E se Macron vuole davvero passare alla storia come l’uomo che ha reso il continente capace di difendersi da solo, dovrà fare molto più che convocare riunioni. Perché alla fine, senza eserciti pronti e senza un vero coordinamento, il rischio è che l’Europa resti sempre quella creatura sospesa tra sogno e realtà, tra pace e guerra, proprio come nei versi del grande poeta italiano. Solo che, a differenza di un Petrarca in pena per la sua Laura, l'Unione Europea ha a che a fare con problemi ben più grandi, che possono mettere a rischio l'incolumità di milioni di cittadini.