Il conflitto tra Israele e Hamas, iniziato oltre un anno fa, ha portato devastazione e una crisi umanitaria senza precedenti nella Striscia di Gaza. Dopo mesi di guerra, il cessate il fuoco ha portato al ritiro delle forze israeliane dal Corridoio di Netzarim, un'arteria strategica che divide l’enclave palestinese in due. Questa mossa segna un momento chiave per il processo di pace.
L'esercito israeliano si è ritirato dal Corridoio di Netzarim, la strada che taglia in due la Striscia di Gaza. Il ritiro rientra nell'accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas, finalizzato il 16 gennaio ed entrato in vigore domenica 19 gennaio dopo 15 mesi di guerra.
La prima fase della tregua durerà 42 giorni e ha già portato al ritorno di numerosi palestinesi sfollati nelle loro abitazioni. Le parti hanno effettuato il quinto scambio di ostaggi e prigionieri l’8 febbraio.
Secondo i termini dell'accordo, Israele doveva completare il ritiro dal Corridoio entro il 9 febbraio. Hamas ha celebrato la mossa come una vittoria, dichiarando che il ritiro segnala "la continuazione del fallimento degli obiettivi della guerra di sterminio contro il popolo palestinese".
Il Corridoio di Netzarim è una striscia di terra larga 6,5 chilometri nel centro dell'enclave. Si estende dal confine con Israele fino al Mar Mediterraneo, separando Gaza settentrionale dal resto dell'enclave. Il nome deriva dall'ultimo insediamento ebraico nella Striscia di Gaza, evacuato nell’agosto 2005 nell’ambito del piano di ritiro unilaterale dell’allora primo ministro israeliano Ariel Sharon dopo gli Accordi di Oslo.
Israele ha creato il Corridoio con l’inizio della guerra a Gaza nel novembre 2023. Durante il conflitto, questa via è diventata un passaggio obbligato per i palestinesi in fuga verso sud. Nelle ultime settimane, invece, migliaia di persone hanno attraversato il Corridoio in senso opposto per tornare alle loro case nel nord della Striscia.
Il Corridoio ha rappresentato una presenza strategica per l'esercito israeliano, consentendo il controllo dell'area e limitando gli spostamenti della popolazione. Ha permesso, inoltre, a Israele di controllare il flusso di aiuti umanitari nel nord di Gaza e i rifornimenti. Il recente ritiro delle forze israeliane è dunque un segnale significativo che favorisce la libera circolazione dei palestinesi e il flusso degli aiuti umanitari nell’enclave.
Mentre prosegue la prima fase del cessate il fuoco, le parti dovranno discutere i termini della seconda fase, anche se al momento non sono stati registrati passi significativi in questa direzione.
La tenuta dell'accordo appare fragile, aggravata dalle polemiche scoppiate durante la visita del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a Washington. Il 4 febbraio, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha dichiarato che il suo paese avrebbe “preso il controllo” di Gaza e avrebbe reinsediato i palestinesi in altri paesi, nell’ambito di un piano per trasformare l’enclave nella “Riviera del Medio Oriente”. La proposta ha suscitato dure critiche da parte di diversi paesi arabi, così come di nazioni europee tra cui Francia, Germania e Regno Unito.
Nel frattempo, Netanyahu ha inviato una delegazione in Qatar per discutere la fase successiva del cessate il fuoco. Questa prevede il rilascio di tutti gli ostaggi ancora detenuti in cambio di un completo ritiro delle forze israeliane da Gaza.
Il ritiro dal Corridoio di Netzarim rappresenta un momento cruciale per il futuro della Striscia di Gaza, ma non garantisce ancora una pace duratura. Mentre gli sfollati iniziano a fare ritorno nelle loro case, il rischio di nuove escalation resta alto. Le tensioni tra le parti e le incertezze politiche potrebbero influenzare le prossime fasi. La comunità internazionale osserva con attenzione consapevole che il fragile equilibrio attuale potrebbe determinare il futuro del conflitto.