Fino all'avvento dei social, la Terza Camera della politica italiana era il salotto bianco di Porta a Porta su Rai Uno, quello in cui Silvio Berlusconi firmò il suo contratto con gli italiani nel 2001 che segnò l'inizio del 'ventennio berlusconiano'.
La polemica dei membri del Governo per la predilezione – bipartisan - dei salotti televisivi rispetto al confronto parlamentare è una vecchia polemica tutta italiana.
Nell'era del digitale, la TV ha dovuto passare il testimone ai social, diventati la nuova cassa di risonanza di idee e opinioni spesso senza un opportuno contraddittorio.
Ed è così che, in questi giorni, in Italia il dibattito sul caso del capo della polizia libica Nijeem Osama Almasri, liberato e rimpatriato dal Governo Meloni, nonostante un mandato di arresto della Corte Penale Internazionale, è uscito dalle aule parlamentari per svilupparsi online.
Dopo aver annullato le informative sul caso dei ministri Nordio e Piantedosi alla Camera e al Senato, in quanto diventato oggetto di un'indagine del Tribunale dei Ministri a seguito dell'avviso di garanzia ricevuto dai vertici del Governo, ieri sera la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha parlato del caso durante l'evento “La ripartenza” di Nicola Porro in diretta su X.
Un corto circuito mediatico e istituzionale che ha portato alla paralisi del Parlamento, i cui lavori restano sospesi fino a martedì 4 febbraio, facendo saltare anche l'elezione dei giudici della Corte Costituzionale che avrebbe dovuto tenersi giovedì 30 gennaio.
Lo scontro con l'opposizione, naturalmente sta diventando sempre più velenoso con il passare delle ore. Il centrosinistra accusa la Premier e i suoi ministri di cercare di sfuggire al confronto con le Camere per timore del contraddittorio.
E' davvero così?
Mercoledì 29 gennaio i ministri dell'Interno e della Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, erano attesi nel pomeriggio alla Camera per un'informativa sulla scarcerazione del capo della polizia libica Almasri.
L'informativa è stata annullata e rinviata a data da destinarsi poiché i due ministri sono stati indagati, insieme alla Presidente Giorgia Meloni e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, per peculato e favoreggiamento dalla Procura di Roma.
Ieri sera la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è intervenuta in diretta in videoconferenza all'ottava edizione de “La ripartenza” approfondimento politico del giornalista Mediaset Nicola Porro.
Nel suo intervento Meloni ha parlato dell'indagine che la vede coinvolta come di “un atto voluto” e non dovuto da parte della Procura di Roma. Un'iniziativa giudiziaria che secondo la Premier rappresenta un danno alla nazione e al lavoro che il Governo sta facendo per la rafforzare la credibilità dell'Italia all'estero. Meloni, infine, ha chiaramente accusato una parte della magistratura di 'voler governare' al posto dell'esecutivo.
Mentre il Governo lavora senza sosta per portare risultati all’Italia, c’è chi prova invano a smontarli. E intanto il mondo torna a puntare su di noi. pic.twitter.com/tJ0GSEPT8X
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) January 31, 2025
Un intervento che è stato considerato dall'opposizione uno 'schiaffo' al Parlamento. Nei giorni scorsi Giorgia Meloni era già intervenuta sulla questione dai suoi profili social e durante i punti stampa in occasione del suo viaggio di stato in Arabia Saudita. Della questione anche i membri del suo governo hanno parlato profusamente sulla stampa e sui social.
Per Giorgia Meloni indagarla è un danno alla nazione: siamo ai deliri di onnipotenza di una premier che si sente al di sopra della legge e che continua a fuggire dalle proprie responsabilità pur di non ammettere che è sotto ricatto della Libia e per questo ha fatto riaccompagnare…
— Riccardo Magi (@riccardomagi) January 30, 2025
Ha commentato il segretario di + Europa Riccardo Magi in un post su X, mentre in un post su Instagram Elly Schlein ha sottolineato che la strategia di Giorgia Meloni di alzare il livello dello scontro con la magistratura è funzionale all'obiettivo di non parlare nel dettaglio dei motivi della scarcerazione del generale libico.
In realtà la Premier nell'intervento di ieri sera non è entrata nel merito delle circostanze oggetto dell'indagine – ovvero del perché il Governo italiano abbia liberato il generale libico, ma è bastato per inasprire la polemica con le opposizioni che continuano ad accusarla di utilizzare il pretesto dell'indagine giudiziaria per non andare il Parlamento, nonostante ciò non le impedisca di parlarne sui social e in TV.
Il motivo della fuga? Il centrosinistra accusa il governo di utilizzare l'indagine giudiziaria come scusa per non affrontare il tema della scarcerazione di Almasri e di essere sotto "ricatto" dalle autorità libiche in merito alle politiche migratorie, come sottolineato in questi giorni dal leader di Avs Nicola Fratoianni.
Secondo il centrosinistra l'aumento deciso degli sbarchi di migranti sulle coste italiane nei giorni della permanenza di Almasri in Italia non sarebbe stata una coincidenza, ma un chiaro segnale inviato dalle autorità libiche al nostro Governo per spingerlo a liberare il proprio connazionale con la minaccia di non bloccare più i 'barconi' in partenza dalle coste libiche.
Hanno commentato oggi in una nota i capigruppo M5S delle Commissioni Esteri di Camera e Senato, Francesco Silvestri e Bruno Marton.
Cosa succederà adesso? L'opposizione ribadisce l'intenzione di non tornare in Parlamento finché il governo rifiuterà il confronto diretto con le Camere. Il governo ha risposto che rinvierà l'informativa fino a quando le circostanze lo consentiranno.
Questi punti riassumono i principali sviluppi e le polemiche politiche legate al caso Almasri e alla gestione del governo italiano.