La Corte Europea dei Diritti Umani (Cedu) ha condannato l’Italia per non aver adottato misure adeguate volte a contrastare lo sversamento illegale di rifiuti nella Terra dei Fuochi e per non aver protetto i suoi cittadini esponendoli così a un rischio certo e reale per la loro salute.
È questa la sintesi della sentenza emessa oggi dai giudici della Cedu che hanno accolto il ricorso presentato dalle associazioni ambientaliste e da 41 cittadini. Una sentenza che riconosce 20 anni di inadempienze dello Stato per un disastro ambientale e sanitario ignorato da ben 12 governi nazionali e 5 governi regionali.
La Cedu ha condannato l’Italia per aver violato l’art.2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ovvero, quello che tutela il diritto alla vita. La Corte ha, infatti, ritenuto lo Stato italiano colpevole di non aver contrastato con interventi tempestivi e risolutivi il fenomeno dello sversamento illegale di rifiuti tossici in Campania e in particolare nella zona denominata Terra dei Fuochi.
Con il termine Terra dei Fuochi si intende una vasta area che va dalla provincia nord di Napoli a quello sud di Caserta, così denominata per il fenomeno dei roghi dolosi e spontanei dei rifiuti che ha caratterizzato per anni quei territori.
Un vastissimo territorio che per decenni è stato utilizzato dai clan criminali della zona come una discarica a cielo aperto per smaltire illegalmente rifiuti pericolosi. Un giro di affari da centinaia di migliaia di euro e costato la vita a migliaia di persone la cui unica colpa era vivere in un territorio in cui per troppi anni si ci è voltati dall’altra parte.
La sentenza per il caso Cannavacciuolo e altri vs Italia, è arrivata oggi – giovedì 30 gennaio – in risposta alla denuncia di 41 cittadini e cinque associazioni che accusavano lo Stato italiano di non averli protetti dai depositi illegali causa principale dell’elevato tasso di tumori nella regione.
La Corte ha ritenuto che vi fosse stata violazione del diritto alla vita determinata dall'incapacità dello Stato italiano di affrontare il problema dello sversamento, seppellimento e incenerimento di rifiuti su terreni privati, gestiti gruppi criminali organizzati.
Per anni suolo, aria e corsi d’acqua sono stati avvelenati dalla presenza di rifiuti tossici, dai roghi dolosi e da quelli causati da autocombustione. Roghi che hanno avvelenato coltivazioni e reso irrespirabile l’aria in quei territori.
Secondo i giudici UE l’Italia, pur essendo a conoscenza della situazione, non avrebbe preso le dovute misure, valutandone con ritardo e lentezza l'impatto sulla vita dei residenti e non avviando le iniziative penali necessarie per combattere lo smaltimento illegale di rifiuti.
Ragion per cui ha condannato il Governo italiano a predisporre nell’immediato un piano di misure per risolvere il fenomeno stabilendo la necessità di predisporre un piano in grado di affrontare in modo efficace il problema dell’inquinamento. La Corte ha imposto all’Italia di elaborare una strategia globale per affrontare la situazione della Terra dei Fuochi, istituire un meccanismo di monitoraggio indipendente e una piattaforma informativa pubblica.
La sentenza, infine, riconosce che per i residenti di quelle zone esiste un rischio per la vita ‘sufficientemente grave, reale, accertabile e imminente’ che non è stato comunicato in maniera adeguata e tempestiva ai cittadini.
Con il termine Terra dei Fuochi si intende un territorio tra la provincia di Napoli e Caserta comprendente 90 comuni con una popolazione di 2,9 milioni di abitanti. Il nome è legato al fenomeno dei roghi tossici appiccati volontariamente e non per smaltire illegalmente rifiuti urbani e speciali sversati sul territorio spesso in terreni privati.
Lo smaltimento illegale dei rifiuti era gestito dai gruppi criminali della zona che erano soliti seppellire i rifiuti in discariche illegali, cave e anche terreni agricoli che poi venivano ricoperti e utilizzati per coltivare ortaggi poi venduti tranquillamente al mercato.
A volte i rifiuti venivano mescolati a materiale per le costruzioni che poi veniva utilizzato in ambito edilizio.
L’ex ministro dell’Ambiente e oggi parlamentare del M5s Sergio Costa fu tra i primi investigatori a svelare la tragedia della terra dei fuochi.
Generale dei Carabinieri, guidò il pool di investigativo che portò alla scoperta della discarica di rifiuti più pericolosa d’Europa nel casertano e fu lui a volere l’adozione di alcune tecniche per rilevare i rifiuti sotterrati.
Dichiara Costa, che poi critica anche l’attuale governo accusandolo di aver azzerato i fondi per le bonifiche dell’area.