Il viaggio di Giorgia Meloni in Arabia Saudita per incontrare il principe Mohammad bin Salman continua a incendiare il dibattito politico e non tanto per i contenuti degli accordi siglati nel deserto arabico, quanto per le polemiche relative al deciso cambio di rotta della Presidente del Consiglio sul governo saudita giudicato fino a qualche anno fa partner ‘sgradito’.
E’ la ragione di Stato, direbbe qualcuno. Un conto è fare opposizione e un altro è avere la responsabilità di governare un Paese.
Non sarebbe la prima volta, però, che Giorgia Meloni si sarebbe vista stata costretta a smentire sé stessa in virtù degli obblighi imposti dal suo ruolo. Un concetto ampiamente evidenziato negli ultimi due giorni dal leader di Italia Viva Matteo Renzi, improvvisatosi per l’occasione anche sondaggista.
Ebbene sì, perché proprio l’ex presidente del Consiglio è stato per anni bersaglio preferito di Giorgia Meloni per i suoi rapporti con il governo saudita. Nell’ultima Legge di Bilancio la maggioranza ha addirittura approvato una norma anti-Renzi per colpire gli interessi da conferenziere del senatore di IV in Arabia.
Il punto di vista di Giorgia Meloni rispetto al governo del principe saudita Bin Salman è cambiata nel corso degli anni.
Nel 2021, in un post su X si scagliava contro il leader di Italia Viva per la sua visita in Arabia alla “corte del principe saudita” e scriveva:
Renzi vola in Arabia alla corte del principe saudita per dire che invidia basso costo del lavoro della petromonarchia. Vale la pena ricordare che quello saudita non è esattamente un modello da invidiare ???? https://t.co/z6sKbY7Nns
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) January 29, 2021
Noi abbiamo un'idea di Italia decisamente opposta pic.twitter.com/uKrUCR8Zxt
Qualche anno prima, nel 2019 criticava la scelta della Federcalcio di far disputare la finale della Supercoppa italiana tra Juve e Milan in Arabia Saudita.
Ipse dixit. Ma cosa dice, invece, oggi dopo la firma della dichiarazione congiunta sulla partnership strategica di 10 miliardi nel deserto di Al-Ula
Un altro argomento molto sfruttato dall’opposizione di centrosinistra per attaccare la Presidente del Consiglio sono le accise sui carburanti che il Governo sta aumentando proprio in questi giorni. Più che di aumento si tratta di un allineamento ‘obbligato’ dei prezzi di gasolio e benzina, con l’aumento dell’ultimo e la diminuzione della prima per avvicinare le cifre che dovranno allinearsi definitivamente nel prossimo biennio.
Che sia stata una scelta obbligata o meno, poco importa, poiché l’aumento c’è stato e le conseguenze sui cittadini saranno importanti. Il centrosinistra, naturalmente, non ha perso tempo ha tirare fuori dal baule un vecchio video della premier in cui, mentre faceva benzina, prometteva di tagliare tutte le accise sui carburanti.
2 dicembre 2022
— Roberto Nuzzo (@Robertonuzzoam) December 2, 2022
Giorgia Meloni fa benzina e ci spiega quanto incassa il FISCO.
Domamda: cosa intende fare ora che è Capo del Governo? pic.twitter.com/JpmbnZPDJS
Sul podio delle possibili ‘giravolte’ – come le chiamano a sinistra – della Presidente Meloni c’è, infine, la questione delle trivelle, ovvero, l'attività di perforazione dei fondali marini per l’estrazione del petrolio. Nel 2016 si schierò a favore del ‘sì’ al “Referendum sulle Trivelle” promosso da alcune regioni durante il Governo Renzi per l’abrogazione della disposizione per il rinnovo delle concessioni per l'estrazione di idrocarburi nelle zone di mare davanti alle coste italiane. Passarono i ‘sì’ ma non si raggiunse il quorum e quindi non produsse effetti sulla normativa italiana.
Da allora le cose sono un po' cambiate e lo scorso 13 dicembre alla Camera è stato approvato in via definitiva il Decreto Ambiente contenente anche la contestata riduzione delle distanze di protezione per le trivellazioni marine: da 12 a 9 miglia.