Donald Trump si è insediato il 20 gennaio e, già nel primo giorno della sua presidenza, ha firmato una serie di ordini esecutivi destinati a modificare diversi ambiti della governance, dei diritti civili e delle politiche sull'immigrazione. Tra i provvedimenti più controversi spicca quello riguardante il diritto alla cittadinanza per nascita, noto come ius soli.
La questione dell'acquisizione della cittadinanza è al centro del dibattito in molti paesi, inclusa l’Italia, dove la crescente mobilità delle persone richiede un aggiornamento delle norme attuali. Tuttavia, con l'ascesa dei partiti di destra e di estrema destra, è in aumento la pressione per rendere più restrittivo l'accesso alla cittadinanza per i figli di cittadini stranieri.
Il tentativo di Trump di abolire la cittadinanza per nascita negli Stati Uniti era largamente atteso, ma il diritto è protetto dalla Costituzione americana attraverso il Quattordicesimo Emendamento. Questo lascia aperta la questione della fattibilità di una tale misura, che promette di generare sfide legali e un intenso dibattito politico.
Il presidente Trump, il 20 gennaio, ha firmato un ordine esecutivo che sancisce l'abolizione della cittadinanza per nascita negli Stati Uniti. Il provvedimento impone alle agenzie federali di negare la cittadinanza ai bambini nati nel paese da madri prive di documenti validi o con visto temporaneo, a meno che il padre non sia cittadino statunitense o residente permanente. La nuova disposizione entrerà in vigore 30 giorni dopo la sua firma.
La cittadinanza per nascita, o ius soli, è riconosciuta maggiormente nei paesi del continente americano. Gli Stati Uniti appartengono ad un gruppo di oltre 30 nazioni che adottano questo principio, tra cui Argentina, Canada, Cuba e Messico.
Il diritto alla cittadinanza negli Stati Uniti è garantito dalla Costituzione. La cittadinanza per nascita, in vigore da decenni, è considerata una pietra miliare del patto sociale per i cittadini statunitensi. Questo principio si fonda sul 14esimo emendamento, adottato nel 1868, che recita:
Una sentenza della Corte Suprema del 1898 (United States v. Wong Kim Ark) ha stabilito che chiunque nasca sul suolo americano acquisisce la cittadinanza, con un’unica eccezione per i figli di genitori diplomatici che godono di immunità dalle leggi statunitensi. Tuttavia, alcuni giuristi ritengono che tale decisione sia un’interpretazione estensiva del 14esimo emendamento, lasciando spazio ad una possibile revisione da parte della Corte Suprema per consentire restrizioni più severe.
I sostenitori dell'abolizione dello ius soli chiedono un irrigidimento complessivo delle norme sull'immigrazione, sostenendo che la cittadinanza automatica incentivi l’immigrazione clandestina. Secondo loro, il diritto alla cittadinanza per nascita incoraggia le donne senza documenti ad attraversare illegalmente il confine per partorire sul suolo americano.
L'ordine esecutivo firmato da Donald Trump il 20 gennaio per abolire la cittadinanza per nascita negli Stati Uniti ha immediatamente sollevato un'ondata di contestazioni legali. Il provvedimento è stato impugnato nello stesso giorno presso la corte federale del New Hampshire. I promotori della causa sostengono che l'ordine esecutivo viola il 14esimo emendamento della Costituzione, che garantisce il diritto alla cittadinanza per nascita, oltre a violare una legge federale approvata dal Congresso.
L'opposizione all'ordine ha guadagnato rapidamente slancio: oltre venti stati e città hanno presentato ricorsi legali, sostenendo che la misura negherebbe la cittadinanza ad almeno 150mila bambini. I rappresentanti degli stati coinvolti ribadiscono che il diritto alla cittadinanza è sancito dalla Costituzione e che l'azione esecutiva presidenziale non può sovvertire un principio fondamentale.
Sebbene il presidente abbia poteri ampi in materia di cittadinanza e immigrazione, la questione rischia di essere portata dinanzi alla Corte Suprema. La fattibilità del provvedimento, inoltre, rimane incerta: qualsiasi modifica al 14esimo emendamento richiederebbe il voto favorevole dei due terzi delle Camere del Congresso e la ratifica da parte di tre quarti degli stati.
Trump si trova ora ad affrontare una delle prime grandi battaglie legali della sua presidenza, mentre il paese si divide su una questione che intreccia diritti civili, immigrazione e sicurezza nazionale.