In occasione della giornata del 15 marzo, Tag24 ha deciso di affrontare il tema dei disturbi alimentari e le modelle, offrendo il personale punto di vista di un’insider del settore, Giulia De Majo, che ha sfilato in passerella e indossato abiti per moltissimi brand famosi, tra cui eccellenze internazionali ed italiane.

Il mese di marzo offre uno spunto per ricordare quanto sia fondamentale parlare in informarsi a proposito dei disturbi legati all’alimentazione, cercando così di abbattere lo stigma che rappresentano spesso nella società, anche grazie ai racconti di chi ha vissuto in prima persona questo tipo di situazioni o che semplicemente ne ha viste succedere di ogni tipo, lavorando in un settore estremamente competitivo e a volte tossico, come quello del fashion.

La moda sin dalle origini si pone come una cerchia chiusa, riservata strettamente ad alcuni privilegiati, anche per il discorso taglie: corpi quasi surreali, lontanissimi per la gran parte dei casi dalla vita di tutti i giorni, che contribuiscono a creare un divario insanabile nella proposta di una fisicità all’insegna dell’inclusione.

Dalle passerelle e in molti casi anche dai social, in Italia sembrano essere sparite le modelle curvy e non solo: dopo qualche anno in cui sembrava esserci uno spiraglio di luce anche nell’haute couture, di recente c’è stato uno strano passo indietro per quanto riguarda l’inclusività. Tag24 ha affrontato tutte queste tematiche nella chiacchierata con Giulia De Majo.

Disturbi alimentari e modelle, Giulia De Majo: “La ricerca di magrezza estrema c’è sempre stata. Alcune mie colleghe si facevano flebo per non mangiare”

D: In occasione della Giornata Mondiale dei Disturbi del Comportamento Alimentare, conosciuta anche come la Giornata del Fiocchetto Lilla, abbiamo deciso di trattare l’argomento con un focus sulla moda. Da modella come hai visto le ultime passerelle, le ultime sfilate della fashion week e il ritorno dello stereotipo di alcuni corpi? Le modelle curvy sembrano essere sparite dalle passerelle, soprattutto rispetto agli anni passati, non solo nell’haute couture. La lotta al bodyshaming, l’impegno per l’inclusività: dove è finito tutto questo? Sembra come se – di nuovo – non ci sia più spazio per tutti i corpi…Perché secondo te?

R: Quando ho iniziato a lavorare nel settore moda, al tempo mi spiegarono che una modella veniva scelta se molto magra perché doveva indossare alla perfezione un abito, senza dar luogo a nessun tipo di difetto al vestito.

Quindi più sei magra e meno forme hai – secondo la loro visione – e più il vestito cadrà bene, perché non dà nessun tipo di problema a livello di seno, di fianchi e simili. Poi però con il boom dei social la situazione è cambiata: si è cercato di essere un pochino più inclusivi perché chiaramente c’erano diverse tematiche nell’occhio del ciclone. Quindi la moda in questo senso è molto furba.

A livello di marketing e social è sempre giocato su questo e la modella in sé per sé in tal modo passa completamente in secondo piano, viene oscurata. La ricerca di magrezza estrema c’è sempre stata. Io sono una di quelle magre “naturali”, ma avevo colleghe che non mangiavano, che si facevano le flebo per non mangiare eccetera. Il vero fashion system è ancora quello di prima, nonostante i social.

I tabù sul regime alimentare delle modelle. Giulia De Majo: “Una volta mi hanno chiesto di perdere 10kg”

D: Il regime alimentare delle modelle è da sempre un tabù: negli ultimi anni grazie a film, serie tv e alle testimonianze di chi sceglie di raccontare la propria storia, sono stati svelati tanti retroscena da brivido. I problemi con il cibo, le diete impossibili, le temute giornate in cui si prendono le misure. Tutto questo sistema sembra essere stato progettato come un fenomeno di accanimento contro il corpo. Ti va di raccontarci la tua esperienza o quella di qualche collega in questo senso?

R: Il mondo delle modelle in generale è molto chiuso, di solito tendono a stare per fatti propri. Io non l’ho mai frequentato troppo, ho avuto solo poche amiche modelle, che tutt’ora sento e vedo, ma eravamo un piccolo gruppo di 3/4 persone. Eravamo tutte di costituzione “naturalmente magre”, in maniera diciamo naturale.

Quando ci vedevamo spesso era in pausa pranzo, mangiavamo insieme e chiacchieravamo con tranquillità. E poi c’erano altre colleghe che invece andavano avanti con la famosa mela al giorno oppure quelle che non mangiavano proprio. Con loro per manca il classico momento di condivisione della pausa.

Non mangiavano e sembrava salisse loro un odio verso il mondo intero, è normale. Tutta queste serie di dinamiche sono vere, esistono. Sono leggende che sono in realtà vere. Personalmente ho visto tante colleghe svenire nei backstage, dove infatti non manca mai acqua e zucchero. Tra momenti di tensione, il caldo in estate e i digiuni è la prassi. Io sono stata molto fortunata, anche se non nascondo che quando sapevo di avere il giorno in cui si prendevano le misure in agenzia, avevo l’ansia e la sera prima mangiavo di meno.

Io ricordo due episodi in particolare: la prima volta partecipavo ad un concorso molto famoso solo per modelle, dove c’era un personaggio molto conosciuto tra le agenzie che mi disse che dovevo perdere dei centimetri. Io già lavoravo nel mondo della moda da tempo, ero davvero molto magra e lavoravo per grandi marchi. Questa cosa non la presi benissimo e non andai avanti.

Un’altra volta sono stata contattata da un’agenzia famosissima di Londra che aveva in mano le top model più celebri del momento. In quell’occasione mi chiesero di perdere 10 chili. Ho avuto la fortuna, tra l’altro, di essere sempre accompagnata da mia madre che è anche un’ex modella e nonostante questo lei rimase scioccata perché io li guardai e dissi: ‘Facciamo che io dimagrisco, poi vi richiamo, ci sentiamo’. Mia madre è zitta, scioccata. Nel mondo della moda io avevo imparato a bleffare.

Mi ricordo che dopo quel casting fuori c’era una ragazzina che piangeva disperata per non essere stata presa, la madre mi chiese di consolarla per quanto era triste. Avere il giusto supporto dall’agenzia, oltre che dalla famiglia, è fondamentale: bisogna trovare qualcuno che sappia rappresentare bene la propria immagine e personalità.

Disturbi alimentari e moda: l’influenza dei social e il pericolo per i giovani

D: Sui social continua la lotta contro il body shaming, ci sono molte modelle curvy scelte per diverse campagne, soprattutto all’estero, in particolare gli Stati Uniti e il Regno Unito, come l’esempio di “Savage x Fenty”, la linea di intimo di Rihanna che propone completini per tutti di bellezza (iconiche le sfilate dove in passerella si vedono tutti i tipi di corpi).
Invece in Italia questa tendenza sembra essere stata abbandonata. Potrebbe essere un pericolo per le ragazze e i ragazzi? Potrebbe influire sul rapporto con il proprio fisico e creare precedenti che hanno a che fare con lo sviluppo di disturbi del comportamento alimentare?

R: E’ un argomento molto ampio. Fin da piccoli siamo soggetti all’influenza di qualcuno, come per esempio al liceo la più bella della scuola, il più popolare. Ci sono sempre stati comunque degli esempi che nella vita qualcuno ha preso come punto di riferimento.

Devo dire che i social sicuramente hanno peggiorato questa condizione, anche perché prima tante persone non avremmo neanche potuto vederle sotto tanti aspetti. Magari aspettavamo di scoprire qualcosa su di loro su un articolo di giornale, su una rivista, ma non vedevamo i vari aspetti della loro vita, quando si truccano, si preparano, vanno in palestra. Quindi spesso dico che mostrare tanti aspetti della propria vita potrebbe essere un danno.

Nel senso che una persona sui social alla fine mostra solo quello che vuole: magari una ragazza fa vedere che va una volta a settimana in palestra in una storia su Instagram e ha un certo tipo di fisico, ma non pubblica tutte le altre volte che si allena. Questo ovviamente può avere degli effetti collaterali sul pubblico. I social sono semplicemente ciò che la persona ti vuole mostrare, non mostrano effettivamente la realtà. Questa secondo me è la grande distinzione.

Per quanto riguarda l’America è vero, c’è più attenzione a tutti i corpi, più inclusività: l’ho visto a partire dalle forme di manichini. Però è anche vero che rispetto a noi hanno uno stile di vita e di alimentazione completamente diversi. Lì ad esempio l’obesità è una patologia molto più diffusa.

D: Che messaggio lasceresti ad un ragazzo o a una ragazza che da grande sogna di lavorare nella moda? Un consiglio per aiutarli in un momento di difficoltà o di disagio legato alla professione di modello, per non incappare nelle tossicità e i pericoli che questo settore spesso nasconde?

R: Bisogna capire chi siamo e dove stiamo andando. Valutare quanto spenderci a livello di tempo, di emozioni. Fino a che punto sono pronto a spingere sia me che il mio corpo? Quindi, se io sono una taglia 42, perché devo farmi del male per arrivare ad essere una 38? Magari piuttosto che alla passerella, posso scegliere di fare una telepromozione in televisione.

Secondo me è giusto che ognuno riconosca il proprio modo di essere, i propri limiti, per poi cercare l’ambito dove si può realizzare in maniera felice e tranquilla. La moda ha tanti ambiti: se uno magari non rientra negli standard di altezza richiesti per le passerelle può fare il fotomodello oppure le pubblicità in tv. E l’altro consiglio è di non affidarsi mai ad agenzie poco serie, stare attenti a chi ci rappresenta perché è fondamentale.