Abbigliamento per bambini, John Lewis ha deciso di togliere le etichette Boys or Girls per contrastare i pregiudizi di genere. La notizia arriva da Londra, la decisione appartiene ad uno dei proprietari dei più grandi magazzini britannici. L’idea potrebbe essere plagiata, al più presto. Seppure non mette tutti d’accordo. C’è chi ritiene sia un modo politicamente corretto di agire, e chi pensa sia un esempio folle. Trasmettere valori è un impegno che spetta ai marchi di abbigliamento?

E’ intervenuto Massimo Gandolfini, psichiatra, neurologo, e organizzatore del Family Day, a #genitorisidiventa su Radio Cusano Campus, e ha detto: “E’ una novità per l’Inghilterra, ma ci sono altri stati europei come la Svezia che hanno fatto esperimenti di questo genere. Io personalmente ritengo che sono provocazioni sciocche, banali, che non hanno nessun valore da un punto di vista scientifico. Ci sono maschi e femmine con le loro caratteristiche biologiche ben definite, e lo sono anche da un punto di vista sociale. Se l’intento è evitare atteggiamenti discriminatori non serve fare queste bautade mediatiche, ma educare le persone a non discriminare nessuno per nessuna ragione. Cose simili ritengo siano banali, anti-scientifiche.”

L’intento è di contrastare i pregiudizi di genere, una tendenza che si sta rafforzando in Gran Bretagna tanto che in alcune scuole è stata superata la divisone tra i sessi per quanto riguarda le uniformi, e altre catene d’abbigliamento hanno avuto la stessa idea di J. Lewis. La mossa politically correct che arriva dal mondo dell’abbigliamento per bambini fa riflettere. Tanto a scegliere e comprare sono gli adulti, seppure non fosse accaduto nulla, una mamma o un padre sanno riconoscere bene cosa dovrebbe indossare un maschietto e cosa una bambina. Alcune volte si ha davvero la sensazione che si facciano polemiche sterili, e si agisca senza un obiettivo utile agli altri.

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