Cos’è la sindrome di Brugada? Si tratta di una rara malattia cardiaca di tipo ereditario potenzialmente mortale perché può indurre arresto cardiaco. Colpisce 1 persona su ogni 2.000 ed alcuni soggetti sarebbero più predisposti geneticamente.

Quali sono le cause e i sintomi? Quali sono i casi in cui è necessario l’intervento chirurgico?

Cos’è la sindrome di Brugada: l’origine del nome

La sindrome di Brugada è un’alterazione del ritmo cardiaco. Induce anomalie all’attività elettrica tali da causare casi di aritmia ventricolare gravi. Questo disturbo è conosciuto per essere una delle maggiori cause di morte cardiaca improvvisa, con il dato che arriva al 20% dei decessi nei casi di cuore perfettamente sano.

Il nome deriva dal cognome di due fratelli cardiologici di origine spagnola, Pedro e Josep Brugada, che per primi studiarono nel dettaglio i sintomi e gli effetti della malattia.

Tuttavia la scoperta della malattia sarebbe avvenuta qualche anno prima e sarebbe da attribuire ad un team di ricercatori italiani. Per questo motivo la sindrome è anche nota come di Nava-Martini-Thiene.

La sindrome è un disturbo congenito che si manifesta soprattutto nell’età adulta, sebbene non sia impossibile che l’insorgenza della patologia arrivi anche in età giovanile.

Statisticamente colpisce maggiormente gli uomini ed è particolarmente diffusa nelle popolazioni asiatiche e ancora più nel dettaglio tra chi è originario di Thailandia e Laos.

Cause e sintomi

Spesso però i pazienti di questa malattia hanno una struttura cardiaca totalmente sana. Circa il 30% dei casi è da attribuire a mutazione genetica ereditaria, anche se non legato unicamente al solito gene.

I ricercatori hanno infatti individuato 18 geni che potrebbero avere un ruolo determinante nella manifestazione della sindrome di Brugada.

Tra i geni, il più rilevante è il SCN5A poiché si ritiene essere responsabile tra il 10 e il 30% dei casi di origine genetica. È proprio questo gene a partecipare alla trasmissione dei segnali elettrici che inducono la giusta contrazione del miocardio. Quando il gene è mutato, comporta un errato comportamento dei canali ionici presenti sulla membrana plasmatica delle cellule cardiache.

La trasmissione ereditaria genetica è di tipo autosomico dominante. Per manifestare la sindrome, basta infatti che i genitori trasferiscano una sola copia di un gene potenzialmente responsabile della malattia.

Nel restante 70% dei pazienti affetti da sindrome di Brugada, la ricerca scientifica non è ancora riuscita a individuare con certezza quali siano le origini.

La malattia può rimanere latente fino ai 30 – 40 anni di vita. I sintomi principali con cui si presenta sono dirette conseguenze di aritme ventricolari. Troviamo quindi:

  • palpitazioni;
  • difficoltà di respiro;
  • svenimento;
  • dolore acuto al petto;
  • vertigini;
  • convulsioni;
  • arresto cardiaco.

L’entità dei sintomi varia da paziente a paziente e non è detto che si arrivi sempre all’arresto cardiaco. Tuttavia nella quasi totalità dei casi, i pazienti manifestano gli attacchi durante il riposo notturno o dopo un pasto pesante.

Diagnosi e terapia

La sindrome di Brugada può rimanere latente fino all’età adulta. Per questo motivo molti pazienti scoprono di essere affetti da questa malattia non dalla manifestazione di sintomi ma da controlli strumentali cardiaci di routine con elettrocardiogramma, ecocardiogramma oppure durante test sotto sforzo per ottenere l’idoneità sportiva.

Quando il paziente appartiene ad una famiglia con casi di Sindrome di Brugada, il test genetico può verificare l’eventuale modifica dei geni responsabili del disturbo.

Nello scorso decennio il trattamento medico seguiva sempre l’impianto di un defibrillatore sottocutaneo in modo da sopperire all’anomalia ritmica. Oggi questa operazione chirurgica è destinata solo ai pazienti più gravi e che presentino frequenti episodi di sincope e difficoltà respiratorie. Negli altri casi la patologia è tenuta sotto costante monitoraggio attraverso annuali visite cardiologiche.

Spesso si tengono sotto controllo i sintomi con farmaci antipiretici e antifebbrili, mentre sono da evitare antiaritmici, psicotropi e anestetici che possono scatenare l’aritmia.