Marino Basso e quei dieci metri iridati

Rimontò Franco Bitossi a pochi metri dal traguardo

 

Oggi torniamo al Ciclismo su strada. Parliamo di un atleta di grandissima volontà, partito dalle colline del Veneto e arrivato in cima al mondo. Marino Basso.

Nasce il 1° giugno del 1945 a Caldogno, comune veneto di undicimila abitanti in provincia di Vicenza, che avrebbe dato i natali anche a Roberto Baggio.

Ciclista professionista fino al 1978, poco prima del suo ritiro dalle corse ha iniziato a produrre biciclette con il fratello Alcide, fondando assieme a lui, nel ’77, la Cicli Basso.

Dal 1987 al 2008 è stato anche allenatore, ma nessuna delle due successive carriere ha offuscato l’impronta che l’ex ciclista ha lasciato sullo sport italiano. Perché dal 6 agosto del 1972, quando si parla di Marino Basso, si parla pure di quell’incredibile vittoria nel campionato mondiale.

Siamo a Gap, in Francia, località alpina a cento chilometri dal confine con l’Italia. Si corre la quarantacinquesima edizione del Campionato del Mondo di Ciclismo su Strada. A 500 metri dal traguardo, Franco Bitossi è ormai sicuro di ottenere il successo. Dal gruppetto degli inseguitori comandato dal ‘Cannibale’ Eddy Merckx spunta però Basso, che con un magnifico quanto clamoroso sprint si porta alla sinistra di Bitossi, superandolo proprio negli ultimi dieci metri della gara. E ottenendo forse la vittoria più emozionante.

Un oro e un argento: il miglior risultato a un Mondiale per l’Italia ciclistica. Trentasei anni prima di Alessandro Ballan e Damiano Cunego, anche loro protagonisti di una doppietta, seppur meno rocambolesca, a Varese, nel 2008, autori, gli alfieri azzurri, di un paio di stoccate meravigliose, nel clamoroso finale. E pensare che i principali candidati a strappare il primo posto al favoritissmo e campione in carica Merckx – che chiuderà quarto – erano il francese Cyrille Guimard (3°) e l’altro italiano Felice Gimondi (10°).

Basso e Bitossi erano invece gli outsider della nazionale guidata dall’allora commissario tecnico Mario Ricci. Che terminò in bellezza un quinquennio molto positivo, iniziato con il Mondiale vinto da Vittorio Adorni e concluse con sette medaglie totali.

“Mesi dopo, quando ci incontrammo, Franco mi guardò e disse: ‘Sei un cane randagio… Ma proprio tu dovevi venire a prendermi? Non potevi aspettare un po’?’. Ma poi recuperammo: ricordo che una sera ci trovammo alla Domenica Sportiva, dopo aver visto più volte il replay della volata di Gap, io e Bitossi ci abbracciammo”. È stato Marino Basso, a pronunciare queste parole, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport, che nel 2004 decise di inserire quella gara all’interno dei ventidue DVD della collana “Momenti di gloria”. Quella gloria che il 6 agosto del ’72 sfuggì beffardamente a Bitossi, vincitore di centosettantuno corse (!) in carriera ma ricordato soprattutto, oltre che per l’aritmia da cui scaturì il soprannome ‘Cuore matto’, per essere arrivato secondo.

Lo stesso Bitossi, oggi, prende l’episodio con filosofia: “Ogni volta che mi invitano a una festa ciclistica ripropongono il finale di quel Mondiale. All’inizio era un pugnale che affondava nella ferita, oggi invece mi viene da ridere per come pedalavo. Non avevo più forze: spingevo la bici con le spalle, con la testa, con i gomiti, ma non andavo più avanti. Dopo l’arrivo ebbi una crisi di nervi, la colpa a Basso, però, non l’ho mai data”.

I due conclusero le rispettive carriere nello stesso anno e nella stessa squadra: l’appena nata Gis Gelati-Ecoflam, sotto la direzione sportiva di Piero Peroni. Per Marino Basso è stata l’ottava maglia vestita in una carriera cominciata con quella amaranto della Mainetti, nel 1966; e proseguita, in ordine cronologico, con quelle di Molteni, Salvarani, Bianchi, Magniflex, Furzi e Selle Royal.

Il suo rivale principale non è stato Bitossi, ma Dino Zandegù. Veneto di Padova, trionfò nel Giro delle Fiandre del 1967 e in sei tappe del Giro d’Italia. Avrebbe vinto di più – parole sue – se non ci fosse stato Basso: “Il doppio, il triplo, di più. Marino era forte, e come se non bastasse si attaccava ai miei pantaloncini, si faceva spingere da altri corridori. Una volta ha addirittura messo le mani sul mio manubrio. Così, per vendetta, sul cancello di casa, accanto al cartello ‘Attenti al cane’, ho messo la sua fotografia”.

Una rivalità sana, lontana dalla ferocia dei social network dei tempi moderni. Nemici in pista, amici nel privato. Qualche diverbio in più c’è stato col già citato Eddy Merckx. Che, leggenda vuole, aveva giurato guerra a Basso per una particolare simpatia tra questi e sua cognata. In quel Mondiale0 il belga fu l’altro grande sconfitto. Si presentò a Gap dopo aver vinto a Mendrisio (Svizzera) nel 1971 e trionfato, nei primi sette mesi del ’72, nella Milano-Sanremo. E anche nella Liegi-Bastogne-Liegi e nella Freccia Vallone. E veniva dalle vittorie del Giro d’Italia e pure del Tour de France. Il “Cannibale” divorò tutto, ma quel boccone gli rimase di traverso.

Nel corso della sua carriera Marino Basso ha partecipato a sette campionati del mondo, vincendone uno e arrivando 16° all’esordio, in quel di Heerlen, nel 1967.

Ha corso in 13 occasioni il Giro d’Italia, in 4 il Tour de France e in una la Vuelta de España, conquistando in totale 27 tappe. È riuscito inoltre a salire sul podio della Milano-Sanremo, del Giro delle Fiandre e della Parigi-Roubaix, grazie a quattro terzi posti complessivi, due dei quali ottenuti in Italia. Tutto questo oltre alla classifica a punti del Giro del 1971, nel suo palmarès figurano corse come la Genova-Nizza, la Milano-Vignola, la Tre Valli Varesine, il Giro di Campania, il Giro del Piemonte, il Giro di Sardegna, il Trofeo Matteotti, la Coppa Placci e la Coppa Bernocchi. Perché Marino Basso non è stato solo il Mondiale del 1972.

Riviviamo con grande emozione la telecronaca di Adriano De Zan che subito dopo il traguardo intervista sia Marino Basso che Franco Bitossi, superato a pochi metri dal traguardo dell’iride.

https://www.youtube.com/watch?v=bwLM0EeRBOQ

(ha collaborato Paolo Franzino)