Un signore d’altri tempi. Il presidente più amato dai romanisti, figura importante del calcio italiano. Brillante, ironico, combattivo, a volte spigoloso. “Dino Viola, prigionia di un sogno”, edito da Ultrasport, è il libro scritto da Manuel Fondato, giornalista de “Il Tempo” e dell'”Huffingtonpost Italia”, dedicato alla vicenda umana e professionale del presidente che a Roma ha lasciato ricordi bellissimi. E’ l’artefice di una grande squadra veramente magica, del secondo scudetto, delle 5 Coppe Italia conquistate, di quella prima e ultima maledetta finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool.  Grazie anche a uomini del calibro di Liedholm, Falcao, Conti, Nela, Pruzzo e Di BartolomeiManuel Fondato, classe 1976, tifoso giallorosso e cresciuto con la Roma di Dino Viola, presenta la biografia autorizzata a “Il mattino ha la cultura in bocca” condotto da Emanuela Valente.

Perché la voglia di raccontare la figura di Dino Viola?
Ricordo ancora il giorno dopo la scomparsa di Viola, il 20 gennaio 1991. Avevo 15 anni ed ero allo stadio, atmosfera cupa e non solo per un gennaio freddissimo. La curva sud ricordava il presidente con un bellissimo striscione passato alla storia che recitava così: “Roma dai sette colli tramanderà la storia di un uomo che da solo le ha dato tanta gloria”. Mi colpì molto. Ora provo io a tramandare la storia di questo uomo che merita di essere raccontata, per la caratura umana, per il romanticismo di un calcio che non c’è più.

Perché era ed è così amato il presidente Viola?
Perché era una perfetta sintesi tra il presidente con gestione manageriale, organizzazione moderna della società, e il presidente presente 24 ore su 24. Si occupava di tutto, si preoccupava anche di spegnere le luci, chiudere le porte, seguiva personalmente ogni aspetto della società sportiva, una macchina complessa che va dalla prima squadra alle giovanili, e voleva essere informato su tutto. Era come il primo Silvio Berlusconi che delle sue televisioni conosceva qualsiasi cosa. E il paragone non è fatto a caso perché quando il Cavaliere sbarcò nel calcio si ispirò proprio a Dino Viola. Tra di loro ci fu un rapporto di stima e di amicizia, e di questo rapporto parlo nel libro.

Nel libro ti avvali delle testimonianze e dei contributi inediti di chi gli fu più vicino ed ebbe la fortuna di conoscerlo, a cominciare dai suoi figli.
Vi riporto un aneddoto che vi farà capire tanto sul conto di Dino Viola. Ettore, il secondogenito, mi ha raccontato in occasione della finale di Coppa dei Campioni che si è disputata nel 1984 a Roma non ebbe sconti o scorciatoie. Per accaparrarsi i biglietti i romanisti fecero lunghe file, dormirono nei sacchi a pelo la notte prima per non perdere il posto. Ettore non ottenne dal padre i tagliandi per sé e i suoi amici ma Dino Viola pretese che facesse la fila come tutti gli altri.

Ascolta l’intervista https://www.tag24.it/wp-content/uploads/2017/02/INTV-FONDATO-DINO-VIOLA.mp3